Precari al concorso riservato

Precari al concorso riservato

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Lo stato dell’arte del nogoziato sul reclutamento in corso al ministero dell’istruzione

di Carlo Forte

Consentire ai neolaureati di accedere all’insegnamento tramite concorso contemperando le legittime aspettative dei precari con almeno tre anni di servizio di partecipare a sessioni concorsuali riservate. È questo l’obiettivo fissato dal governo e dai sindacati firmatari del contratto di lavoro, Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda-Unams, come meta da raggiungere al termine dei negoziati in corso a viale Trastevere, in attuazione dell’accordo governo-sindacati stipulato il 24 aprile. Il 16 maggio scorso le parti hanno raggiunto un’intesa di massima su una base di trattativa, che dovrebbe consentire ai precari storici, 55mila aspiranti prof di ruolo con 36 mesi di servizio alle spalle, di accedere ad entrambe le selezioni: concorso ordinario e concorso riservato. In queste ore le sigle sindacali attendono una risposta definitiva da parte dei vertici ministeriali, che avevano preso tempo per le verifiche politiche e finanziarie della proposta stessa.

Allo stato attuale, la legge prevede una quota di riserva del 10% per i precari triennalisti che partecipino ai concorsi ordinari. In più, il decreto Quota 100 prevede che le graduatorie di merito dei concorsi ordinari debbano essere predisposte attribuendo ai titoli posseduti un punteggio fino al 40 per cento di quello complessivo. «Tra i titoli valutabili», si legge nel provvedimento, « è particolarmente valorizzato il servizio svolto presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, al quale è attribuito un punteggio fino al 50% del punteggio attribuibile ai titoli». Il riconoscimento del punteggio di servizio, peraltro, è l’effetto dell’introduzione, nel decreto, del testo del cosiddetto emendamento Pittoni.

Il legislatore, dunque, ha già effettuato un primo avvicinamento nei confronti dei precari, dopo la cancellazione del concorso riservato introdotta dal precedente governo. Resta il fatto, però, che la normativa europea sanziona la reiterazione dei contratti a temine oltre i 36 mesi. E la Corte costituzionale ha spiegato che tale normativa si applica alle reiterazioni oltre i 36 mesi effettuate sui posti e le cattedre vacati e disponibili. La questione, dunque, resta aperta. E per evitare di rinfocolare il contenzioso seriale, è necessario trovare al più presto una soluzione politica. Soluzione che non può che essere quella della stabilizzazione previo superamento di un concorso o comunque forma selettiva da graduare. Perché nel nostro ordinamento vige il cosiddetto principio del merito, secondo il quale, agli impieghi pubblici si accedere per concorso. Anche se l’articolo 97 della Costituzione prevede, in alternativa, la possibilità delle sanatorie ope legis. È prassi, però, che l’accesso agli impieghi pubblici, per legge e senza concorso, possa applicarsi solo alle qualifiche inferiori.

Nel caso dell’accesso ai ruoli del personale docente, dunque, la sanatoria ope legis non risulterebbe applicabile. Resta il fatto, però, che anche garantendo una quota di riserva, in uno al riconoscimento del servizio, prevedere il collo di bottiglia dei concorsi ordinari per tutti, creerebbe di fatto delle disparità di trattamento tra i giovani neoalureati e i precari storici. Questi ultimi, infatti, risulterebbero inevitabilmente meno competitivi sul piano della preparazione libresca, avendo abbandonato gli studi da diversi lustri. Ma risulterebbero sicuramente più preparati sul piano pratico, avendo accumulato esperienza di insegnamento nel corso degli anni.

Governo e sindacati dunque, stanno lavorando al raggiungimento di un punto di mediazione che consenta di contemperare i reciproci interessi. La soluzione ipotizzata al tavolo negoziale, sulla quale si basa la proposta dei sindacati, è quella di prevedere un concorso ordinario al quale affiancare un concorso riservato ai precari triennalisti. I precari triennalisti avrebbero titolo ad accedere sia al concorso ordinario che al concorso riservato. Mentre gli aspiranti docenti laureati senza servizio avrebbero diritto a partecipare solo al concorso ordinario.

Peraltro, senza avere accesso alla quota di riserva e non potendo far valere alcun punteggio di servizio. Il superamento di una delle due selezioni darebbe titolo al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento. La proposta ricalcherebbe in qualche modo lo statu quo ante, con l’intento di contemperare gli interessi in gioco e prevenire il contenzioso. Che negli ultimi anni ha visto l’amministrazione andare incontro a migliaia di soccombenze in giudizio. In ciò creando gravi situazioni di incertezza nel reclutamento.

La differenza rispetto al passato sarebbe quella di non prevedere la possibilità, per i neoabilitati, di entrare in graduatorie provinciali finalizzate oltre che alle supplenze anche alle immissioni in ruolo. Le graduatorie a esaurimento, infatti rimarrebbero comunque chiuse a chiave. E il conseguimento dell’abilitazione, fermo il diritto a permanere nella graduatoria di merito del relativo concorso, darebbe titolo all’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto. Graduatorie che, per loro natura, consentono solo l’accesso alle supplenze attribuite dai dirigenti scolastici. L’amministrazione ha acquisito la proposta dei sindacati e si è riservata di valutarla in sede politica.

Da Italiaoggi.it

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