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Quest’anno i riconoscimenti per ius sanguinis hanno superato quelli ottenuti da extracomunitari per residenza (77mila), matrimonio (22mila) o nascita da naturalizzati (59mila)
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Le cittadinanze italiane riconosciute per ius sanguinis, ossia per il fatto di avere fra i propri antenati un italiano, superano quelle acquisite da stranieri non comunitari con tutte le altre modalità. In crescita da anni, nel 2023 si possono stimare in almeno 190mila contro le 77mila acquisizioni di cittadinanza ottenute per residenza, le 22mila per matrimonio e le 59mila perché figli minori di un genitore diventato italiano.
La cittadinanza «per sangue»
Non esistono numeri complessivi sulle cittadinanze riconosciute per “sangue”, ma Il Sole 24 Ore del Lunedì ha ricostruito l’entità del fenomeno.
Circa 100mila riconoscimenti sono stati effettuati da Comuni e tribunali. La stima è dell’Istat e si basa sull’indagine conoscitiva svolta quest’anno dall’Associazione nazionale degli ufficiali di Stato civile e dell’anagrafe (Anusca) cui l’istituto ha fornito supporto metodologico e operativo. Dai dati dei 5.019 Comuni che hanno aderito (il 63,5% dei 7.901 totali) emerge che, grazie allo ius sanguinis, nel 2023 la cittadinanza italiana è stata riconosciuta a 61.328 persone. Secondo l’Istat se si considerassero anche i dati degli enti locali che non hanno risposto si supererebbe quota 100mila: molti di più dei 26mila nuovi cittadini ius sanguinis transitati per le anagrafi italiane.
Ci sono poi i riconoscimenti effettuati dai consolati italiani all’estero, dove le pratiche – spiegano dal ministero degli Esteri – sono cresciute in modo esponenziale negli ultimi dieci anni: nel 2022 sono stati emessi 89.791 atti di cittadinanza, il 28% in più dei 70.073 del 2021, a loro volta in crescita del 54,8% rispetto al 2020.
I riconoscimenti del 2023 potrebbero quindi anche essere più di 190mila, tanto che per mappare l’entità del fenomeno l’Istat avvierà dal prossimo anno una rilevazione obbligatoria presso tutti i Comuni.
Che cosa prevede la legge
Alla base dei numeri c’è il fatto che la legge italiana permette il riconoscimento della cittadinanza per diritto di sangue senza limiti generazionali: in pratica è possibile ottenerla risalendo l’albero genealogico e facendo valere la presenza di un avo italiano.
Non sono richiesti altri requisiti perché, a differenza della cittadinanza per residenza o matrimonio, si tratta di accertare un diritto. Né è necessario risiedere in Italia, tanto che la maggior parte dei nuovi cittadini per discendenza si trova all’estero.
Una situazione che ha portato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a parlare della «necessità di rivedere la norma che concede la cittadinanza per diritto di sangue», sottolineando che «in molti casi si tratta di persone che vogliono solo un passaporto». Ancor di più visto che il passaporto italiano è il secondo più forte nel mondo (permette l’accesso senza visto a 192 Paesi) dopo quello di Singapore (Passport Index di Henley & Partners su dati Iata).
L’exploit dei procedimenti per discendenza si affianca a un aumento più generale delle acquisizioni di cittadinanza da parte di cittadini non comunitari, regolarmente residenti nel nostro Paese, già fotografato dalle statistiche ufficiali negli ultimi anni. Al netto delle pratiche per ius sanguinis, infatti, nel 2023 gli uffici hanno registrato 169.689 acquisizioni, abbastanza stabili rispetto al 2022 (173.891) ma in aumento marcato rispetto a quelle rilevate nel biennio 2017-2018 (quando ne sono state concesse rispettivamente 127.603 e 94.557).
I numeri di oggi riflettono dinamiche legate ai flussi migratori negli ultimi anni, nonché l’esito degli ultimi provvedimenti di sanatoria approvati a livello nazionale per l’emersione di persone che già vivevano e lavoravano nel Paese da irregolari. Nei numeri di oggi, in pratica, c’è l’effetto della sanatoria del 2009, riservata a colf e badanti, in occasione della quale sono state presentate 300mila domande. La cittadinanza italiana per naturalizzazione, infatti, può essere richiesta dopo dieci anni di residenza legale in Italia. E così i numeri di ieri oggi si traducono in circa 80mila acquisizioni l’anno, in linea tra il 2022 e il 2023.
Una quota rilevante di acquisizioni riguarda, inoltre, quelle dei minori ottenute per trasmissione dai genitori (oltre 59mila nel 2023): insieme a quelle per residenza coprono quasi il 70% del totale delle acquisizioni rilevate dagli uffici delle anagrafi italiane. Seguono le acquisizioni per matrimonio, anch’esse possibili ad esempio “agganciandosi” al coniuge (quindi sempre a un familiare) naturalizzato: lo scorso anno sono state 22.330 sul territorio nazionale, contro le circa 17mila del 2022. A crescere, seppur meno, sono anche i procedimenti avvenuti per elezione al 18° anno di età dei cittadini stranieri nati in Italia, comunque cresciuti, passati da meno di 8mila nel 2021 a quasi 11mila nel 2023.
I cittadini di origine non comunitaria in Italia erano quasi un milione 625mila (l’85% degli stranieri regolari) al 31 dicembre 2023. Oltre un quarto di coloro che ha acquisito la cittadinanza italiana (il 26%) vive in modo stabile in Lombardia. Spicca il caso degli argentini le cui acquisizioni – per lo più per discendenza da un avo italiano – sono quadruplicate, passando da meno di 4mila nel 2021 a oltre 16mila nel 2023. Crescono anche le acquisizioni degli egiziani, principalmente da parte di minori e per residenza, così come quelle delle donne ucraine che la ottengono per matrimonio (36% dei rilasci per nozze nel 2023).
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Nuovi cittadini italiani, nel 2023 accolte 190mila richieste per diritto di sangue
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