L’idea di ridurre la dipendenza dal dollaro piace molto alla Cina. Non tutti i brasiliani sembrano essere d’accordo con il nuovo progetto
Il vertice dei paesi latinoamericani e caraibici a Buenos Aires, segnato dalla nuova egemonia della sinistra populista, rilancia l’obiettivo di emancipazione dagli Stati Uniti. In questo contesto resuscitato il progetto di moneta unica tra Brasile e Argentina: viene rilanciato come un modo per ridurre la dipendenza dal dollaro. Ma il nuovo padrone del continente ormai la Cina . E le minacce alla democrazia non vengono solo dalla destra bolsonarista: il caso del Messico (il cui presidente non partecipa al vertice) emblematico delle pulsioni autoritarie comuni al populismo di sinistra.
Il summit di Buenos Aires riunisce i paesi del Celac, che sta per Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caraibenos. Gli Stati membri sono 33 ma si segnalano assenze vistose. Il venezuelano Maduro ha cancellato il viaggio all’ultimo momento denunciando il pericolo di un’aggressione fascista: in realt sembra temesse di poter essere arrestato al suo arrivo, su ordine della magistratura argentina. Un peso massimo come Andrs Manuel Lpez Obrador (abbreviato in Amlo), il presidente messicano, rimasto pure lui a casa: al di l delle motivazioni ufficiali, noto che Amlo disprezza la politica estera, il suo un caso eclatante di sovranismo di sinistra.
Il Messico la seconda economia latinoamericana per le dimensioni del suo Pil, dietro al Brasile, mentre al terzo posto arriva l’Argentina. Se invece si guarda al Pil pro capite, che misura il livello di benessere degli abitanti, allora la classifica di quel trio cambia: prima l’Argentina (che ha solo 43 milioni di abitanti, meno della Colombia), secondo il Messico (che ha 122 milioni di abitanti), terzo il Brasile (che suddivide il suo Pil su una popolazione di 204 milioni). A dominare la scena al summit Celac sono rimasti dunque gli altri due pesi massimi dell’area in termini economici: il Brasile di Lula da Silva e l’Argentina di Alberto Fernandez . L’idea della moneta unica stata presentata come un esperimento da iniziare a due, per poi eventualmente proporla come la valuta di tutto il Mercosur, la comunit economica dei paesi sudamericani.
Le motivazioni di questo progetto – non nuovo – rievocano quelle che ispirarono l’euro: facilitare gli scambi commerciali tra paesi vicini e affini; ridurre i costi; infine e soprattutto eliminare la dipendenza da una moneta terza come il dollaro. Poich all’inizio questa nuova valuta non sostituirebbe il real brasiliano e il peso argentino, bens li affiancherebbe, il progetto ricorda l’antenato dell’euro che fu l’Ecu, lo scudo europeo che precedette e prepar la vera e propria moneta unica. Le critiche sono venute soprattutto da parte brasiliana. Tra le due economie quella argentina tradizionalmente la pi instabile, soggetta a bancarotte sovrane, iperinflazione, ancor pi della brasiliana. Fabio Ostermann, un politico centrista vicino al mondo delle imprese brasiliane, ha definito il progetto insensato, l’equivalente di aprire un conto in banca congiunto con un amico disoccupato e indebitato con tutti.
Non giovano i precedenti di altre unioni monetarie naufragate, come il peso andino. Peraltro lo stesso Mercosur stenta a mantenere le sue promesse di creazione di un mercato unico. Come minimo il progetto di moneta unica pu essere considerato un diversivo. Non affronta le radici di un dissesto economico che non ha nulla a che vedere con l’influenza degli Stati Uniti o del dollaro. L’inflazione argentina al 95%, ad esempio, deriva da politiche populiste di ispirazione peronista: spesa pubblica facile, elargizioni assistenzialiste, finanziate da una banca centrale che stampa moneta. L’euro, almeno, nacque attirando i paesi meno forti verso un modello di regole e stabilit monetaria germanica. Tra Lula e Fernandez il modello quello opposto.
In tutta l’America latina peraltro cresce l’egemonia di un populismo di sinistra che riabilita la spesa pubblica e le nazionalizzazioni, ricette gi ampiamente sperimentate in passato con risultati poco brillanti. Le ultime tornate elettorali hanno portato al potere una larghissima maggioranza di leader di sinistra, talvolta molto radicali: il ritorno al potere di Lula ha suggellato e confermato questa ondata rosa o rossa che c’era stata gi stata nella prima decade di questo secolo, e che non ha lasciato un bilancio economico esaltante. In quanto al ruolo dominante degli Stati Uniti, anche quello un ricordo del passato: con l’eccezione del Messico (membro del mercato unico nordamericano con Usa e Canada), le maggiori economie latinoamericane oggi hanno come primo partner commerciale la Cina, ed verso Pechino che hanno sviluppato nuove forme di dipendenza.
Il miracolo economico della prima presidenza Lula – poi rivelatosi effimero – fu trainato dalla domanda cinese di materie prime. L’idea di ridurre la dipendenza dal dollaro piace molto a Pechino – che persegue la sdollarizzazione ad esempio nell’interscambio con la Russia – e in questo senso il progetto Lula-Fernandez in sintonia con gli interessi della nuova superpotenza dominante in questa parte del mondo. Lula non sembra essere del tutto convinto sulla validit del progetto di nuova moneta, che avrebbe sostenitori pi accaniti a Buenos Aires. Per Lula teneva a fare un ritorno trionfale dentro la comunit Celac, di cui lui era stato uno dei padri fondatori, e che il suo predecessore Bolsonaro aveva disertato e boicottato.
Lula oggi si presenta come il salvatore della pi grande democrazia latinoamericana, essendo sopravvissuto al suo 8 gennaio , l’assalto ai palazzi delle istituzioni a Brasilia. Per il successivo regolamento di conti contro i bolsonaristi sta mettendo a nudo altre fragilit del sistema democratico: per esempio lo strapotere di una Corte costituzionale molto politicizzata, poco rispettosa dei diritti dell’opposizione o della libert di stampa. L’attenzione prevalente verso la minaccia di un autoritarismo di destra – Bolsonaro – ha fatto perdere di vista il fenomeno speculare e simmetrico. In America latina prevale la deriva dei populisti di sinistra, molti dei quali rispettano la democrazia solo nella misura in cui li fa vincere. Il caso del Messico uno dei pi preoccupanti: il socialista Amlo governa per decreto, ignora i limiti costituzionali, estende la militarizzazione dell’economia (244 attivit economiche sono finite in mano all’esercito). Negli ultimi anni sono stati uccisi pi giornalisti in Messico che in paesi dove infuria la guerra civile. Il Per un altro caso tragico: finito in un bagno di sangue per lo scontro fratricida tra due fazioni opposte della sinistra.
24 gennaio 2023 (modifica il 24 gennaio 2023 | 17:34)
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