Dietro la spinta a chiudere per le festività, i timori per le riaperture delle scuole
di Alessandra Ricciardi
È il 7 gennaio a far tremare il governo. Potrebbe essere la miccia che fa esplodere la terza ondata, con il ritorno delle lezioni in presenza per il 75% degli studenti delle superiori. Se i comportamenti degli italiani dovessero non essere importati alla massima cautela, le festività natalizie, con gli assembramenti per gli acquisti e gli spostamenti tra le regioni, che già si stanno registrando, e gli incontri conviviali, riaccenderebbero il numero dei contagi. La ripresa della curva si avrebbe 14 giorni dopo, proprio dunque in coincidenza con la ripresa delle lezioni. A quel punto le scuole diventerebbero il veicolo della nuova ondata. Considerazioni, quelle emerse dal confronto tra il premier Giuseppe Conte e i capidelegazione di governo, che sono in parte condivise dal Cts: i dati epidemiologici a oggi non supporterebbero una chiusura totale delle attività, un nuovo lockdown insomma. Ma la scelta politica di adottare una misura di massima cautela è del tutto legittima, è stato detto nelle interlocuzioni tra il Cts e il governo. E c’è chi, come il governatore del Veneto, Luca Zaia, mette in dubbio l’opportunità di ritornare a scuola il 7 gennaio già alle condizioni attuali.
Dati chiari su quanto la scuola incida sui contagi non ci sono. Lo stesso «Aggiornamento epidemico» dell’Iss allegato al verbale del Comitato tecnico scientifico del 24 di ottobre precisava che «i dati a disposizione a livello nazionale sono limitati per completezza». E sulla scuola spiegava: «Sebbene con casi in aumento dalla loro apertura», le scuole non sembrano essere «tra i principali contesti di trasmissione in Italia».
Il limite dell’analisi epidemiologica «si basa su dati di sorveglianza e monitoraggio con una completezza inferiore al 50% in un momento di sovraccarico dei servizi territoriali in molte regioni»: il 40,3% di completezza dei dati sul contesto di trasmissione dei casi con diagnosi e il 47% dei focolai attivi.
Tra i più intransigenti sostenitori della linea della chiusura ci sono il capodelegazione del Pd, il ministro della cultura Dario Franceschini, e il ministro della Salute, Roberto Speranza (Leu). Evidenzia gli effetti negativi per l’economia la capodelegazione di Italia viva, la ministra per l’agricoltura, Teresa Bellanova. Per la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina (5stelle) questa volta è fondamentale che la scuola riapra e che non sia rinchiusa subito dopo. Ecco perché stringere ora con un nuovo dpcm su spostamenti e attività per aprire le scuole a gennaio, senza ricadere nell’incubo post vacanziero di settembre, sembra inevitabile. Misure di maggior rigore stanno per scattare già in molti paesi europei, Germania in testa.
In vista della riapertura del 7, procedono a livello territoriale i tavoli di confronto tra prefetti, comuni e scuole per lo scaglionamento degli orari di ingresso e uscita e la riprogrammazione dei trasporti, soprattutto nelle grandi città. Mentre molti istituti soprattutto del Nord sono ancora in attesa che gli organici siano completati.
In base alle evoluzione dell’epidemia, entro febbraio la Azzolina dovrà anche decidere come strutturare la prossima maturità. Occhi puntati sugli scritti, che rappresentano la situazione di maggiore rischio. Non è escluso che si possa ripetere un esame semplificato, con la sola prova orale.