Riflessioni a cura dell CISL Scuola
Qualche considerazione su un tema che non può essere circoscritto nell’immediata attualità di una situazione eccezionale, ma merita di essere considerato in prospettiva, nell’ottica di una scuola che voglia e sappia essere al passo con i tempi. Parliamo della didattica a distanza (DAD), su cui vorremmo proporre alcune brevi riflessioni.
La DAD va intesa come modalità integrativa e non alternativa o sostitutiva della didattica in presenza, salvo emergenze che impediscano per tempi considerevoli l’operatività della scuola. È la situazione che stiamo vivendo, nella quale il ricorso alla DAD si impone per necessità; e se in questo momento si può sperimentare l’efficacia di una metodologia operativa che consente di evitare un black out del diritto all’istruzione, emergono anche con grande evidenza in più di un caso limiti e difficoltà, col rischio che ciò si traduca in una disparità nelle condizioni di accesso a servizi che talvolta non si è in condizioni di erogare. Un rischio che un sistema pubblico dovrebbe per definizione escludere.Quali le cause principali?
Anzitutto la copertura del territorio con una rete efficace di collegamenti informatici; laddove questa condizione non è presente, per connessioni mancanti o poco affidabili, viene a mancare uno dei presupposti inderogabili. Accanto a questo, la disponibilità a domicilio degli alunni della necessaria strumentazione, e la capacità di utilizzarla correttamente. Per le fasce d’età più basse, la necessità di essere assistiti da un adulto nell’approccio a piattaforme quasi sempre accattivanti e nelle quali, una volta realizzato l’accesso, anche i più piccoli si mostrano in grado di muoversi con disinvoltura sorprendente. Ma non occorre spendere parole per dire come a certi livelli di età sia difficile far conto su una totale capacità di autogestione. Quanto pesino questi problemi nel definire le concrete condizioni di contesto lo si può comprendere ancor di più se si pensa al caso di famiglie con due o più figli, specie se piccoli.
A monte, vi è il problema del livello di competenza verificabile in un corpo professionale nel quale abbondano esperienze anche molto significative, che tuttavia convivono con una fascia non trascurabile di scarsa consuetudine o dimestichezza con gli strumenti, i canali e i linguaggi su cui la DAD deve necessariamente fondarsi. L’emergenza attuale ci spinge ad una consapevolezza che dovrebbe essere di tutti: la DAD non può restare “fiore all’occhiello” di scuole più sensibili o più dotate, dev’essere una modalità cui ricorrere in modo diffuso e generalizzato, al di là di straordinarie occasioni di necessità.
Ad integrazione di una didattica in presenza che resta fondamentale, come si è detto all’inizio, perché la relazione interpersonale diretta è tratto irrinunciabile per la scuola, per la qualità dell’azione educativa e formativa e per l’efficacia dell’attività di insegnamento. Ma è impensabile che un insegnamento efficace possa darsi, oggi, senza la capacità di interagire con gli strumenti e i canali su cui sempre più viaggiano informazione e comunicazione, in altre parole su cui avviene la trasmissione delle conoscenze.
È vero che non ci soccorre, rispetto all’obiettivo di avere docenti dotati delle necessarie abilità e competenze per interagire sulla rete, l’età media elevata di una categoria che conta ad oggi 171.000 insegnanti con più di sessant’anni. Né vorremmo dare a questo dato, pur significativo, una valenza dirimente. Ma è inevitabile, e urgente, porsi il problema di come offrire in modo strutturale supporti formativi (rivolti a tutto il personale, anche precario) che soddisfino adeguatamente un fabbisogno di aggiornamento delle competenze professionali altrettanto strutturale, data la quantità e la rapidità dei processi di innovazione che investono in modo crescente le forme, gli strumenti e i canali della comunicazione sociale.
Processi ai quali è impensabili rimanga indifferente o estraneo chi ha per suo lavoro l’istruzione e la formazione delle giovani generazioni.
Poiché se ne discute, talvolta per la verità a sproposito, un cenno alle implicazioni che queste tematiche avrebbero riguardo alla libertà di insegnamento; è evidente che proprio la competenza a utilizzare strumenti e linguaggi la cui diffusione cresce in maniera esponenziale fra le giovani generazioni (e non solo) rende il docente più attrezzato per un esercizio consapevole della propria libertà di insegnamento, rafforzata e non messa in discussione dal fatto di possedere nuove capacità e competenze da utilizzare per il proprio lavoro.
A chi osserva come molte delle prestazioni connesse alla DAD esulino dai carichi di lavoro disciplinati dal contratto, si possono dare due risposte.La prima, che riguarda l’oggi, è che in una situazione nella quale per garantire un diritto fondamentale, quello alla salute, ci sono lavoratori che rischiano la propria vita, trincerarsi dietro la formulazione letterale di un contratto per sottrarsi all’impegno di fare il possibile affinché la comunità non sia totalmente privata della sua scuola è indice quantomeno di scarso senso civico. Conforta il fatto che si tratta di opinioni marginali, a fronte della stragrande maggioranza di una categoria che in tutte le sue componenti (docenti, dirigenti, personale ATA) è oggi impegnata a “tenere aperta” viva e presente quanto più possibile la scuola anche se sono chiuse le sue porte.
La seconda, è che indubbiamente la questione cui si accennava prima, cioè della necessità di avere un sistema strutturale di supporto all’aggiornamento professionale, dovrà entrare a pieno titolo nella discussione per il rinnovo del contratto di lavoro, nel quale l’accresciuta complessità di un profilo professionale costretto a stare al passo con la rapidità e la profondità dei cambiamenti da cui la società di oggi e di domani sarà investita, dovrà trovare una puntuale declinazione degli obblighi di lavoro e il doveroso riscontro in termini di valorizzazione normativa ed economica.