MEDIO ORIENTE
di Leonard Berberi
Gli stranieri scappano da Israele. Gl’israeliani corrono a prendere il primo volo ancora disponibile per tornare a casa e difendere il Paese. Questo doppio destino fa da sfondo al conflitto in Medio Oriente e ha già registrato in poco tempo dei primati storici. Come quella di El Al, la compagnia di bandiera dello Stato ebraico, che per la prima volta da 41 anni volerà durante lo Shabbat, il giorno di riposo settimanale che va dal venerdì sera al sabato notte.
Dopo l’assalto
Il governo di Gerusalemme ha richiamato oltre 360 mila riservisti — poco meno dei 400 mila del 1973 della guerra del Kippur — per rispondere all’aggressione dei miliziani di Hamas che hanno ucciso oltre 1.300 persone in terra israeliana e rapito un centinaio tra bambini, donne, anziani e uomini. Tanti di questi riservisti si trovavano all’estero. E da sabato 7 ottobre, quando i contorni del massacro sono diventati via via più definiti, in migliaia sono andati negli aeroporti più vicini per prenotare un volo per Tel Aviv.
Il Terminal 4 a New York
Chi transita al Terminal 4 dell’aeroporto JFK di New York resta sorpreso dal numero di associazioni ebraiche appostate lì, a due passi dalla sinagoga dello scalo, pronte ad aiutare gl’israeliani che vogliono andare a casa e indossare le divise verdi. El Al ha deciso di aumentare il numero di voli proprio mentre gli altri vettori sospendono i collegamenti con Tel Aviv. Anche altri aeroporti, come quello di Atene, da giorni vedono un alto numero di israeliani in partenza. Da Roma e Milano sono transitati almeno 700 riservisti negli ultimi giorni.
Le storie di solidarietà
È anche una gara di solidarietà senza precedenti. Avi Mayer, del quotidiano Jerusalem Post, ha critto su X (il social network che prima si chiamava Twitter) che un dipendente di El Al gli ha raccontato che un ebreo ultraortodosso ha acquistato 250 biglietti per il volo JFK-Tel Aviv a chi gli ha mostrato l’avviso di chiamata alle armi dell’esercito israeliano. In un’altra vicenda, raccontata da un riservista, un signore ha promesso a bordo di un volo a chi è andato in Israele a combattere che rimborserà loro il biglietto versando sui rispettivi conti correnti 1.200 dollari. Il Corriere non può verificare in modo indipendente la veridicità di queste storie al momento della pubblicazione dell’articolo.
I viaggi durante lo Shabbat
E visti i tempi eccezionali El Al ha deciso di sospendere la sua regola religiosa — in vigore dal 1982 — di fermare i voli durante lo Shabbat operando voli da New York e Bangkok il 13 ottobre per portare in Israele altri riservisti. Voli gratuiti, offerti dal vettore e da alcune organizzazioni statunitensi, «approvato» dai rabbini grazie al principio del «pikuach nefesh» secondo il quale quando la vita di un essere umano è in pericolo, quasi tutte le prescrizioni religiose diventano nulle.
Il nodo assicurazioni
Sempre El Al ha deciso di fissare una tariffa massima ai voli per Tel Aviv, almeno fino al 14 ottobre: 299 dollari per i viaggi con una durata massimo di due ore, 499 dollari per quelli fino a sei ore (ad esempio dall’Europa occidentale) e 899 dollari oltre le sei ore. Per le tre aviolinee del Paese — oltre al El Al ci sono anche Arkia e Israir — il parlamento israeliano sbloccherà 5 miliardi di dollari per consentire loro di continuare a rimpatriare i connazionali: dato il contesto di guerra le assicurazioni potrebbero non coprire più le attività già dal 14 ottobre rendendo impossibile volare.
I voli di rimpatrio
In direzione opposta continuano i voli speciali per portare via gli stranieri in Israele con velivoli commerciali e militari. L’Argentina ha mandato a Tel Aviv un Hercules — che ha fatto sosta tecnica a Roma —, l’Australia ha organizzato due collegamenti il 13 e il 15 ottobre, il Brasile ha già trasportato a casa circa 500 connazionali, il Canada si prepara a riprendersi l’ultimo gruppo dei circa mille canadesi che hanno chiesto di tornare a casa. La Germania ha imbarcato 500 tedeschi nel frattempo spostati in Giordania.
Fuga degli ucraini
Negli ultimi giorni la Spagna ha fatto uscire da Israele circa 700 persone tra connazionali ed altri cittadini dell’Unione europea. Hanno chiesto di tornare a casa anche un migliaio di ucraini — dove la guerra con la Russia continua — come ha spiegato alle agenzie stampa il portavoce del ministero degli Esteri di Kiev. Duecento ucraini sono al momento a Gaza ma «è troppo pericoloso portarli via». Il rischio è così elevato che la Norvegia ha dovuto annullare il volo Tel Aviv-Oslo del 12 ottobre perché non c’era copertura assicurativa.
Various airline and government aircraft conducting repatriation flights out of Tel Aviv. https://t.co/bROUPuLmQM pic.twitter.com/SLaGB3BMXo
— Flightradar24 (@flightradar24) October 12, 2023
L’«hub» di Atene
Dovrebbero essere un migliaio gli italiani da rimpatriare complessivamente. Anche gli Stati Uniti hanno iniziato a organizzare i voli speciali per i connazionali dopo ore di discussioni con i tre principali vettori (American Airlines, Delta Air Lines e United Airlines) e una certa pressione da parte del Congresso. L’hub di «raccolta» è quello di Atene, tant’è vero che United ha aggiunto un’altra frequenza da/per la capitale greca.
I voli privati
C’è anche chi chiede i jet privati per andarsene da Israele il prima possibile. Secondo il capo di LunaJets, compagnia svizzera che ha una flotta di velivoli business, c’è un’impennata di domanda, come spiega lui all’agenzia Reuters. Di solito l’azienda organizza uno o due voli settimanali su Tel Aviv, ma questi giorni il numero dei viaggi è salito a dieci per trasportare circa 500 persone verso Parigi, Dubai, Ginevra. Altre richieste arrivano anche da chi si trova ad Amman (Giordania) e Beirut (Libano). A che prezzo? Per un jet da 6-8 posti il costo del volo da Tel Aviv per l’Europa è di 50 mila dollari, per Dubai di 40 mila, il 5-10% più di un periodo normale.
lberberi@corriere.it
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L’Economia Opinioni e L’Economia Ore 18
14 ott 2023
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