Dicembre 1, 2023

Pensioni, allarme sostenibilità dal 2030: troppi pensionati rispetto agli occupati. I numeri della Nadef

previdenza

di Valentina Iorio

Pensioni, allarme sostenibilità dal 2030: troppi pensionati rispetto agli occupati

L’inflazione renderà ancora più salato il conto delle pensioni, una spesa che nel 2023 raggiunge i 317 miliardi e nel 2024 supererà i 340 miliardi, soprattutto a causa dell’elevato livello di indicizzazione delle pensioni nel biennio 2023-2024 per effetto dell’incremento dell’inflazione. La spesa pensionistica in rapporto al Pil alla fine del biennio arriverà, al 16% (0,8 punti percentuali sopra il dato del 2018), livello che rimarrà stabile fino al 2029. Dal 2030 il rapporto tra spesa e Pil riprenderà ad aumentare fino a raggiungere il 17% nel 2042. Questa dinamica è dovuta soprattutto all’incremento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati a causa della crisi demografica.

Gli effetti della crisi demografica

Come aveva spiegato Alberto Brambilla sul Corriere della Sera, il rapporto fondamentale per la tenuta dei conti previdenziali, attivi/pensionati è di 1,46 nati. Tra il 1946 e il 1964 sono oltre 14 milioni di italiani che hanno tra i 59 anni e i 77 anni. Se a questi si sommano i nati fino al 1978, pari a circa altri 12,3 milioni con età tra i 58 e i 45 anni, in totale arriviamo a 26,3 milioni, quasi la metà degli italiani. Un dato che non si ripeterà mai più visto il continuo calo delle nascite. Quindi nei prossimi 22-25 anni si pensioneranno all’incirca 8 milioni di lavoratori pari a circa 364 mila persone ogni anno, ovvero mille al giorno. E non ci saranno altrettanti lavoratori attivi.

I prepensionamenti pesano sulla tenuta del sistema

A pesare sul fragile equilibrio del sistema previdenziale sono soprattutto le diverse modalità di prepensionamento. Secondo i dati del decimo Rapporto annuale del Centro Studi Itinerari Previdenziali, presentati a gennaio 2023, nel 2021 il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati è leggermente migliorato. Tuttavia la stabilità del sistema rischia di essere minata «dalle troppe eccezioni alla riforma Monti-Fornero». Secondo il rapporto, per garantire la tenuta del sistema sarebbe necessario ridurre le numerose forme di anticipo pensionistico a favore di una revisione duratura del sistema.

Un sistema che non regge più

Nel medio e lungo periodo quindi la sostenibilità del sistema previdenziale appare fortemente a rischio. A lanciare l’allarme è la Nadef, in cui si evidenzia che «l’effetto dovuto all’aumento del numero dei trattamenti previdenziali sopravanza quello relativo al contenimento degli importi pensionistici esercitato dalla graduale adozione del sistema di calcolo contributivo sull’intera vita lavorativa». In sostanza l’aumento di spesa dovuto al crescente numero di pensionamenti supera di gran lunga il contenimento dei costi frutto del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, anche perché ci sono ancora molti pensionamenti con il sistema misto.

Gli effetti dell’applicazione generalizzata del contributivo

Dopo un triennio di sostanziale stabilità, a partire dal 2045 il rapporto tra spesa pensionistica e Pil tornerà a diminuire rapidamente portandosi al 16% nel 2050 e al 14% nel 2070. A dirlo è la previsione dello scenario nazionale base (che utilizza le previsioni della popolazione dello scenario mediano Istat con base 2021 rilasciate nell’agosto 2022) indicata nella Nota di aggiornamento al Def. «La rapida riduzione nell’ultima fase del periodo di previsione – spiega la Nadef – è determinata dall’applicazione generalizzata del calcolo contributivo che si accompagna all’inversione di tendenza del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati. Tale andamento risente sia della progressiva uscita delle generazioni del baby boom sia degli effetti dell’adeguamento automatico dei requisiti minimi di pensionamento in funzione della speranza di vita».

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