Dicembre 1, 2023

Acquedotti, Utilitalia: «Bisogna accorpare e avere operatori industriali»

INFRASTRUTTURE

di Fausta Chiesa

Acquedotti, Utilitalia: «Bisogna accorpare e avere operatori industriali» La Fonte di Mompiano risale al 770 e fornisce il 14% del fabbisogno idrico di Brescia

Quasi la metà dell’acqua potabile in Italia viene dispersa a causa delle falle degli acquedotti. Secondo dati con varie fonti (Istat, Fai, Utilitalia) il settore civile registra in media perdite di circa il 42%, con oltre 41 litri ogni 100 immessi nella distribuzione che non arrivano nei rubinetti (e gli italiani con circa 245 litri al giorno a testa dopo i greci sono il popolo che consuma più acqua in Europa). La rete degli acquedotti è lunga 425 mila chilometri e il 60% dei tubi è stato posato oltre 30 anni fa, mentre il 25% supera anche i 50 anni. I dati sono noti da tempo ed è proprio qui che sta la «notizia»: perché, se il problema è noto da tempo, ancora non è stato risolto? La risposta- sostiene Utilitalia (la Federazione che riunisce le imprese dei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas) – sta nel fatto che le gestioni troppo piccole – come quelle comunali «in economia» – non riescono a fare gli investimenti necessari per una questione di dimensione. Dal 2012 a oggi gli investimenti nel settore sono aumentati del 227%, raggiungendo i 4 miliardi annui e i 56 euro per abitante. Ma il gap con la media europea di 100 euro annui per abitante resta ampio, soprattutto nei territori nei quali non operano soggetti industriali: secondo Utilitalia, le gestioni in economia investono in media 8 euro all’anno per abitante e le microimprese (che sono circa un centinaio) arrivano a 32 euro.

I dati

Secondo dati di Fondazione Utilitatis le gestioni in economia (quelle in cui il Comune gestisce direttamente tutto o in parte – solo acquedotto, solo fognatura, solo depurazione – il servizio idrico) sono 1.519 su 7.621 Comuni (soprattutto in Calabria, Campania, Sicilia, Molise e Valle d’Aosta) e riguardano oltre 8 milioni di cittadini, mentre le gestioni in house sono 4.625 (quelle in cui il Comune o i Comuni in forma associata hanno affidato il servizio a una società interamente di loro proprietà, cioè al 100% pubblica). Nei Comuni restanti (circa 1.500) le forme di affidamento sono diverse, per esempio a società quotate o a società miste. E in 5.700 Comuni dei 7.621 esistenti con bacino di 47,6 milioni di abitanti, il servizio idrico è gestito da un unico operatore integrato con una gestione industriale. In questo numero rientrano in house, società quotate, società miste o altre gestioni. Mentre la gestione industriale frammentata (dove almeno uno dei servizi è gestito da gestore industriale diverso) è presente in 343 Comuni e serve 2,3 milioni di persone. Al di là della proprietà – pubblica, privata o mista che sia – il punto , secondo Utilitalia, è avere un unico operatore industriale di una certa dimensione in grado di fare investimenti di un certo livello.

Le proposte di Utilitalia

Per questo Utilitalia propone come soluzione la riduzione della frammentazione del settore (arrivando a un centinaio di gestori di media/grande dimensione), l’introduzione di parametri di verifica gestionale, il consolidamento industriale e un approccio integrato tra i diversi usi dell’acqua. Quattro proposte di riforma del comparto idrico, con l’obiettivo di elevare il livello degli investimenti dagli attuali 56 euro per abitante fino a 100 euro per poter aumentare gli investimenti complessivi dagli attuali 4 miliardi fino a 6 miliardi annui.

Filippo Brandolini
Filippo Brandolini

«In questi anni – spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – gli investimenti nel settore idrico sono aumentati in maniera considerevole. Ma il gap con la media europea resta ampio, soprattutto nei territori nei quali non operano gestori industriali. Per questo motivo, come Utilitalia ci siamo fatti promotori di proposte di modifica del settore, espressione degli stessi gestori che intendono elevare il livello degli investimenti e la qualità dei servizi offerti ai cittadini. Le nuove sfide poste dal cambiamento climatico e le norme europee che stabiliranno standard ambientali sempre più stringenti, impongono al comparto un cambio di passo».

Il ministro Pichetto

Finora, le gestioni in economia hanno resistito. Ci sarà una svolta? «La piena attuazione del Servizio Idrico Integrato – ha dichiarato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin – è un obiettivo che ci siamo posti dal primo giorno di governo e che, attraverso il Pnrr, stiamo portando a termine. La nostra idea è razionalizzare i gestori, dagli oltre duemilatrecento esistenti a circa cento: per recuperare i divari territoriali servono realtà territoriali robuste, in grado di fare investimenti e prendere in capo interventi infrastrutturali complessi. I cambiamenti climatici incidono sulla disponibilità di acqua, ma anche sulla tenuta delle infrastrutture: ciò rende ancor più urgente di prima accelerare sul contenimento delle perdite di rete, per la depurazione anche ai fini di un successivo efficiente riuso irriguo del refluo, la realizzazione e adeguamento di opere idriche utili per l’ambiente e in ambito energetico. Tali obiettivi si potranno raggiungere, in collaborazione con Arera, valorizzando e ascoltando le proposte degli operatori che sul campo affrontano quotidianamente le criticità del nostro complesso territorio».

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03 ott 2023

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