politica e finanza
di Andrea Rinaldi
Antonio Patuelli
L’Abi finalmente scioglie le riserve presenta le sue proposte al governo per smussare la tassa sugli extraprofitti bancari. Il decreto asset del 10 agosto dispone infatti una imposta straordinaria eccezionale una tantum a carico degli istituti di credito, con un’aliquota del 40% sull’incremento del margine di interesse registrato nel 2022 che supera di almeno il 5% quello ottenuto nel 2021; e su quello del 2023 che eccede per almeno il 10% il margine di interesse del 2022. Il prelievo straordinario e una tantum non può superare la soglia dello 0,1% del totale dell’attivo. L’associazione delle banche chiede che l’imposta sia deducibile ai fini Ires ed Irap di «escludere dal computo dell’imposta gli effetti reddituali (margine di interesse) e patrimoniali (attivo su cui calcolare il Cap massimo di imposta) dei titoli sovrani». A spiegarlo a Palazzo Madama è il direttore generale Giovanni Sabatini in audizione alle commissioni del Senato sul dl asset. L’aumento del margine di interesse su cui è calcolata la tassa infatti, «non si compone solo del differenziale tra tassi attivi e passivi ma anche di rendimenti da investimenti in titoli di Stato la cui remunerazione non è fissata dalle banche».
«Il sostegno delle banche al collocamento dei titoli del debito pubblico riveste un ruolo fondamentale» aggiunge Sabatini. Secondo il memorandum presentato dall’associazione delle banche italiane, la nuova norma produce effetti retroattivi, in quanto si riferisce a periodi conclusi (2021 e 2022) o in corso (2023), cosa che “incide sulla certezza del diritto”, in contrasto con i principi e i criteri di certezza, irretroattività, programmabilità cui si ispira la delega fiscale pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 14 agosto. Citando il precedente episodio della Robin Tax, dove «la Corte costituzionale ha stabilito, come irragionevole e pertanto incostituzionale, l’addizionale Ires sul settore energetico», Sabatini solleva dubbi anche sulla compatibilità costituzionale della tassa alle banche. «Possibili profili di incompatibilità con la disciplina comunitaria sono relativi all’articolo 42 della Costituzione, per lesione del diritto di proprietà, stante il carattere espropriativo della misura sulla ricchezza dell’impresa», precisa il direttore. «Detto profilo è relativo alla necessità che il prelievo straordinario abbia a confronto l’esercizio di normale attività del contribuente rispetto al margine straordinario generato dalle contingenze. Il raffronto con periodi di imposta dove il tasso di interesse si attestava attorno allo zero non costituisce un adeguato parametro». Infine «si riscontra anche una possibile violazione del principio di libera concorrenza riconosciuto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea nella prospettiva di una discriminazione-. Gli operatori nazionali del settore bancario sarebbero penalizzati rispetto ad enti bancari residenti in altri Stati membri» conclude Sabatini.
Il giudizio sulla redditività delle banche non può basarsi su alcune annualità: occorre tenere in conto l’ampiezza dei cicli economici e la durata delle fasi delle politiche monetarie, è il pensiero dell’Abi. «Le banche sono già oggetto di una tassazione elevata – illustra Sabatini – essendo previsto: – dal 2011 un’aliquota Irap maggiorata al 4,65% in luogo di quella ordinaria fissata al 3,90%; dal 2017 un’addizionale Ires pari al 3,5%. Ingiustificate penalizzazioni del settore bancario determinerebbero una minore capacità di accantonamenti prudenziali, di finanziamento alle imprese e alle famiglie e limiterebbero l’interesse degli investitori verso il settore bancario italiano che, da ultimo, si rifletterebbe sull’intero mondo economico italiano». In commissione anche Federcasse fa sentire la sua voce e chiede di escludere tout court le banche di credito cooperativo dall’applicazione del tributo sugli «extraprofitti» che, altrimenti, penalizzerebbe significativamente l’unica fonte di capitalizzazione delle Bcc (gli utili netti) e la relativa capacità di erogazione del credito, a danno delle economie dei territori supportate dal Credito Cooperativo.
Critico pure il presidente di Assopopolari, Vito Antonio Primiceri: la norma avrà effetti pesanti perché «in presenza della maggiore incidenza degli interessi sul totale ricavi» colpirà «le banche piccole in misura proporzionalmente maggiore», dice. Assopopolari stima che «l’imposta incide sugli utili previsti per il 2023 in ragione del 24% invece del 10,2% medio» e ha calcolato che «l’imposta incide per 30 punti base sugli indici di capitale, rendendo piu’ difficile incrementare il patrimonio delle Banche popolari, in assenza di forme alternative di capitalizzazione».
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12 set 2023
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