conti pubblici
di Mario Sensini
Nonostante il decreto di febbraio con lo stop alla cessione dei crediti, il Superbonus 110% continua a volare. Anzi, come dicono al Tesoro, «a fare danni enormi ai conti pubblici». E non solo, perché al di là dell’impatto sulla spesa pubblica, che quest’anno è già stato di 21 miliardi, e potrebbe salire a 30, il governo è preoccupatissimo per l’aumento esponenziale dei crediti irregolari: 12 miliardi di euro nelle mani di imprese e cittadini che oggi valgono carta straccia. Una mazzata più forte di quella causata dalla risoluzione delle banche. Anche con la stretta, nei primi sette mesi di quest’anno sono stati attivati altri 62 mila interventi edilizi che beneficiano del credito di imposta al 110%. Le detrazioni riconosciute solo sui lavori già conclusi sono cresciute in sette mesi di 21 miliardi di euro, da 46 a 67 miliardi, mentre i 110% ammessi sono saliti a 82 miliardi.
La spesa crescerà ancora
La spesa crescerà ancora da qui a fine anno (ci sono altri 20 miliardi di crediti già ammessi a detrazione ancora da scontare), e avrà secondo il Mef «un impatto molto rilevante sulla manovra del 2024». A meno che non arrivi una nuova decisione di Eurostat, che potrebbe cambiare completamente lo scenario, e le stesse prospettive della manovra. A marzo scorso Eurostat, l’istituto che definisce i criteri di contabilità pubblica, aveva deciso di riclassificare il Superbonus 110% e il Bonus facciate (leggete qui quali sono gli sgravi fiscali rimasti per ristrutturare) come «crediti pagabili», proprio perché erano cedibili (e ora per le banche la cessione diventa più conveniente) e sarebbero stati sfruttati integralmente.
Il deficit
Da minori entrate di bilancio spalmate su un decennio com’erano considerate, vennero riclassificati come spesa pubblica, tutta registrata nell’anno in cui è maturato il diritto. Con un effetto esplosivo sul deficit degli anni passati. Il disavanzo del 2022 passò, così, dal 5,6 all’8% del Pil. A quel punto il governo intervenne, introducendo con alcune eccezioni il divieto di cessione del credito che lo qualificava come «pagabile», ponendo le premesse per tornare al vecchio sistema. Cosa che non è avvenuta, perché nel primo trimestre l’Istat, interfaccia di Eurostat, per un criterio di prevalenza, e di prudenza, ha classificato tutti i crediti 110% come spesa pubblica. E lo stesso farà per il secondo trimestre, in assenza di altre indicazioni dalla Ue.
Nel mirino 12 miliardi
Le aspettano anche al ministero dell’Economia, per capire se la manovra del 2024 sarà di sviluppo o di passione. Potrebbero arrivare presto, perché il carteggio tra Istat ed Eurostat, finalizzato ad avere un chiarimento su come contabilizzare i crediti non cedibili, dunque «non pagabili», è ripreso ad agosto. E potrebbe riservare sorprese, perché anche Eurostat ha messo gli occhi sui 12 miliardi di crediti bloccati riferiti agli anni scorsi. Che forse tanto «pagabili», alla fine, non erano.
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L’Economia Opinioni e L’Economia Ore 18
30 ago 2023
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