automotive
di Andrea Rinaldi
Le accise «non si toccano». Malgrado la corsa dei rincari alla pompa di benzina, il ministro Adolfo Urso è stato irremovibile. E si capisce: il governo è alla ricerca di risorse per una Finanziaria che si annuncia di non facile copertura. In Italia il contributo all’Erario dei consumi di benzina e gasolio auto nel 2022 è stato di 39,3 miliardi. Dopo il crollo a 31,7 miliardi in piena pandemia, era risalito a 37,3 miliardi nel 2021 per poi superare l’anno scorso i 38,6 miliardi del pre-Covid. La tassazione su benzina e gasolio per autotrazione prevede un’accisa e un’Iva con un’aliquota al 22% che si applica sull’accisa e sulla componente industriale. Anche in Norvegia e in Texas hanno a cuore la questione delle accise, ma hanno deciso di seguire quel vecchio adagio secondo cui, quando arriva una nuova tecnologia, prima ci si preoccupa di come tassarla. E così hanno deciso di introdurre nuovi prelievi per le auto elettriche. Dunque altrove ci si sta già preoccupando di come lo spostamento verso auto meno inquinanti possa diminuire il gettito fiscale. E in Italia, se si sostituisse l’intero parco circolante di 40 milioni di auto, lo Stato vedrebbe sparire quei quasi 40 miliardi di gettito? No, anzi l’Erario potrebbe addirittura guadagnarci e uno studio di Promotor e Motus-E per il Corriere della Sera lo dimostra. Con un caveat.
«Con la transizione all’elettrico questa somma non viene meno perché la tassazione sulle vetture a batteria è superiore — osserva Gian Primo Quagliano, presidente di Promotor —. Ovvio, se la situazione dovesse cambiare, lo Stato dovrà cercare un modo per reperire queste risorse.Vogliamo incentivare l’auto elettrica? La detassiamo, ma al momento è già in situazione di parità come prelievo fiscale rispetto al gettito di benzina e gasolio. Possiamo sempre modificare la situazione, in peggio o meglio per l’erario. Io sono per lasciarla così com’è». Anche perché, prosegue Quagliano, «sostituire l’intero parco circolante richiederebbe mille miliardi, un costo che non può essere addossato a tutti gli automobilisti».
Lo studio è molto preciso. Prendendo in esame le vetture più vendute a maggio, è stato considerato un consumo medio di 5,5 litri per 100 chilometri della Jeep Avenger a benzina, di 4,9 litri per 100 chilometri della Peugeot 3008 diesel e di 15,8 chilowattora per 100 chilometri della Tesla Model Y. Dall’analisi emerge che il prezzo finale per il cliente, per percorrere 100 chilometri, è pari a circa dieci euro per la Jeep e 8,1 euro per la Peugeot, mentre per la Tesla, a seconda della modalità di ricarica utilizzata, varia da 3,9 euro (con il mercato a maggior tutela per una ricarica domestica) a 10,9 euro. Fin qui il costo per un automobilista. E lo Stato? «Se si considera che anche sulle tariffe di energia elettrica si applicano Iva, accise e oneri di sistema e di rete, in misura maggiore alle colonnine che in casa; e se si tiene a mente l’efficienza dell’energia per muovere il veicolo; allora il carico fiscale di un’auto a batteria è paragonabile, se non maggiore, a quello di una a combustione», spiega Francesco Naso, segretario generale di Motus-E. L’associazione per lo sviluppo della mobilità elettrica invita infatti a guardare al contenuto di energia somministrato alla vettura su cui pesa la tassazione vera e propria.
Il calcolo vede 0,075 euro al chilowattora per una Tesla Model Y caricata a casa con tariffa privata domestica residenziale; 0,086 euro al chilowattora per la Peugeot 3008 diesel; 0,110 euro al chilowattora per la Jeep Avenger. I valori per la Tesla sono superiori se la vettura è alimentata con tariffa privata in garage con contatore dedicato o in strutture commerciali (0,119 euro al chilowattora); a una colonnina pubblica con abbonamento a prezzo flat per il servizio (0,160 euro al chilowattora); a una colonnina a consumo (0,197 euro al chilowattora). Quindi con l’auto elettrica il gettito fiscale arriverà dal prezzo dell’energia e non dal «carburante» impiegato per percorrere un certo numero di chilometri. Al momento per l’utente finale è più conveniente alimentare l’auto elettrica a casa, lo è meno per lo Stato.
«Se è vero che la ricarica domestica sarà preponderante anche in futuro (oggi supera l’85% dei chilowattora ricaricati, nel 2030 si prevede si attesti comunque al di sopra del 65%) — osserva Naso —, è anche vero che gravare con maggiori tasse e oneri questa alimentazione significa aumentare la bolletta elettrica delle prime case degli italiani, con tutti i rischi che questo comporta in termini di accettabilità e sensibilità della materia da tassare». Anche lui, come Quagliano, spinge per lasciare le così come stanno: «Farei attenzione a non toccare questa cosa per un po’. Oltretutto nel caso mi autoproducessi energia con pannelli fotovoltaici, non potrei farlo perché levo gettito allo Stato? Eppure sarebbe una condizione ottimale». Aumentare le imposte su una tecnologia sostitutiva perché determina la riduzione del consumo di un bene che garantisce una raccolta fiscale, ma che causa esternalità negative, è qualcosa su cui ragionare con attenzione, avverte Motus-E. «È come se aumentassimo le tasse sulle campagne antifumo perché riducono il consumo di tabacchi».
Iscriviti alle newsletter di L’Economia
Whatever it Takes di Federico Fubini
Le sfide per l’economia e i mercati in un mondo instabile
Europe Matters di Francesca Basso e Viviana Mazza
L’Europa, gli Stati Uniti e l’Italia che contano, con le innovazioni e le decisioni importanti, ma anche le piccole storie di rilievo
One More Thing di Massimo Sideri
Dal mondo della scienza e dell’innovazione tecnologica le notizie che ci cambiano la vita (più di quanto crediamo)
E non dimenticare le newsletter
L’Economia Opinioni e L’Economia Ore 18
29 ago 2023
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, L’articolo originale è stato pubblicato da, https://www.corriere.it/economia/aziende/23_agosto_29/accise-la-ricarica-all-auto-elettrica-stato-puo-incassare-piu-4f545280-4676-11ee-94cf-76f12b5af0d1.shtml, Economia, http://xml2.corriereobjects.it/rss/economia.xml, Andrea Rinaldi,