ALTA VELOCITÀ
di Lorenza Cerbini11 ago 2023
Un’immagine del “Treno Rock” di Fs, in servizio sulla tratta Napoli-Bari
La linea Alta Velocità/Alta Capacità Napoli-Bari è tra le infrastrutture considerate di maggiore importanza per lo sviluppo del Corridoio europeo TEN-T Scandinavo – Mediterraneo (Trans European Network – Transport), asse ferroviario internazionale che collega il Nord Europa con il bacino del Mediterraneo raggiungendo la Puglia da un lato e Palermo e la Sicilia dall’altro. Un’opera che il Gruppo FS Italiane guidato dall’ad Luigi Ferraris sta costruendo secondo criteri di economia circolare, certificata con il Protocollo Envision, un sistema di rating per infrastrutture sostenibili, uno strumento a sostegno di imprese e progettisti che tiene conto di fattori come il rispetto dell’ecosistema e i rischi climatici.
Terre inerti e cantieri: il progetto coinvolge Rfi, società del Gruppo FS, e sarà completato nel 2027, permettendo di collegare i due capoluoghi dimezzando i tempi. Dei 17 milioni di metri cubi di terre ricavate dallo scavo, solo il cinque per cento diventa rifiuto, le altre vengono riusate
Il progetto che vede coinvolta Rfi, società capofila del Polo Infrastrutture del Gruppo FS una volta completato, nel 2027, permetterà di collegare i due capoluoghi di regione in due ore. Un progetto con un investimento di 5,8 miliardi in parte provenienti dal Pnrr con l’impiego di circa 5mila persone tra ingegneri, tecnici e operai. La Napoli-Bari nasce come prima linea in Europa esempio di infrastruttura altamente sostenibile. Resta da capire come. Gli interventi maggiori riguardano i 121 chilometri che collegano Napoli con Foggia. Ben 68 sono in galleria. Si tratta cioè di scavare, usare frese, portare via il materiale di scavo. Che fine faranno gli oltre 17 milioni di metri cubi di terre e rocce ottenuti? Solo il cinque per cento diventa rifiuto, mentre il 26 per cento è destinato a completare l’opera stessa (necessari oltre nove milioni di metri cubi di inerti) e il 65 per cento al recupero ambientale delle aree esterne, come ad esempio le massicciate ferroviarie che sono costituite in prevalenza da “ballast”, cioè pietrisco.
L’ex area mineraria Enel di Santa Barbara
Il processo limita la necessità di approvvigionarsi di materie vergini da cava, e il materiale di scavo non idoneo ad essere utilizzato nell’infrastruttura può essere destinato a recuperi ambientali di cave abbandonate e aree degradate. L’esempio arriva dalla Toscana e dall’ex area mineraria Enel di Santa Barbara. Fino al 1994 vi si estraeva lignite. Nei prossimi tre anni, vi saranno trasportate oltre tre milioni di tonnellate di terre e inerti, provenienti dai cantieri di Belfiore e Campo Marte, legati ai lavori per la realizzazione della stazione dell’alta velocità e del passante di Firenze, un progetto che prevede due gallerie parallele a venti metri di profondità ciascuna lunga circa sette chilometri.
Alimentazioni alternative
I materiali di scavo saranno portati da Mercitalia Rail, società del Polo Logistica del Gruppo FS, a Santa Barbara (nell’ambito di un progetto di riqualificazione ambientale), via treno anziché su gomma, un volume di oltre 100mila viaggi equivalenti a 24.500 tonnellate di CO2 risparmiate. L’impegno di FS a favore dell’ambiente si estende anche a sperimentazioni come l’uso del biocarburante Hvo (olio vegetale idrotrattato prodotto da materie prime di origine rinnovabile) fornito da Eni Sustainable Mobility e usato per la prima volta nel treno ibrido Blues di Trenitalia nel viaggio di andata e ritorno Sibari-Reggio Calabria, 700 chilometri e un totale di 13 ore di servizio operativo. L’esperimento si colloca nella strategia di individuare alimentazioni alternative al gasolio sulle linee ancora oggi non elettrificate.
Il biocarburante Hvo in Olanda
Il Gruppo FS ha iniziato le sperimentazioni sia sulla propria flotta diesel sia sugli autobus di Busitalia. Il biocarburante Hvo, alimenta già parte della flotta dei bus di Qbuzz, la società del Polo Passeggeri del Gruppo FS che gestisce i servizi di trasporto pubblico locale su gomma in Olanda. Il cammino verso la riduzione della CO2 passa anche attraverso il recupero e l’accumulo dell’energia di frenatura dei treni su linee convenzionali, che rappresentano il 95 per cento dell’infrastruttura gestita da Rfi. Alla stazione di Forlì sulla linea Bologna-Rimini, da ottobre 2022, è attivo il primo impianto dedicato e l’energia prodotta dalla frenata dei treni viene reimmessa in rete attraverso un sistema di accumulo composto da supercondensatori che possono essere collegati direttamente alla linea di contatto, nell’ambito o in prossimità di una sottostazione elettrica. Secondo quanto stimato, l’impianto può far risparmiare fino a 100 megawattora l’anno.
Quattromila cantieri in dieci anni
Il Piano Industriale decennale di FS prevede la realizzazione di impianti simili in ulteriori 15 sottostazioni. Ad oggi, tra manutenzione e sviluppo dell’infrastruttura Rfi ed Anas hanno attivi quattromila cantieri. Secondo le norme europee, tutte le nuove linee ferroviarie dovranno essere prive di passaggi a livello per garantire maggiore efficienza al sistema e assicurare maggiore sicurezza. Sebbene il contributo maggiore dipenda dal rispetto delle regole tra cui quella basilare di non sorpassare la linea gialla a terra sui marciapiede delle stazioni. A tal proposito il Polo Infrastrutture di FS, con le società Rfi e Anas, ha di recente lanciato una campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza ferroviaria e stradale, il rispetto delle regole e i comportamenti da adottare in stazione, nelle vicinanze di binari e passaggi a livello patrocinata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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