Ottobre 2, 2023

Heart of Stone Recensione: su Netflix la Mission: Impossible di Gal Gadot

Indubbiamente tra i film più attesi della stagione estiva per gli abbonati di Netflix, pronti a godersi questo nuovo original che vede assoluta protagonista Gal Gadot. Dismessi a tempo indeterminato, e forse definitivamente, gli eroici panni di Wonder Woman, la bella attrice di origini israeliane tenta la fortuna in quella che sulla carta, come confermato dallo stesso epilogo aperto, si propone come la prima installazione di una nuova saga, nelle speranze dei produttori in grado di competere a livello di (sex) appeal con quella ben più conosciuta di Mission: Impossible – a tal proposito la nostra recensione di Dead Reckoning parte 1 è a portata di clic.

In attesa di conoscere il responso del pubblico – ma un’entrata nella top 10 dei titoli più visti sulla piattaforma è già ampiamente scontata mentre scriviamo queste righe – soffermiamoci quindi sul valore artistico ed effettivo di Heart of Stone, titolo che è già un programma e che mette subito in risalto due elementi determinanti della narrazione: il Cuore, rivoluzionario dispositivo, e la Stone (pietra) ovvero il cognome della protagonista.

Partire dalle fondamenta

Protagonista che per l’appunto porta le generalità di Rachel Stone, membro del MI6 dell’intelligence britannica che all’inizio del racconto è impegnata in una complicata missione sulle Alpi, condotta insieme al suo affiatato team: missione che fallisce dopo che il principale obiettivo, un famigerato trafficante d’armi, resta ucciso.

Rachel risponde a un’ulteriore agenzia, The Charter, che è in grado di controllare il Cuore, un supercomputer quantistico che è in grado di prevedere qualsiasi evento che deve ancora avvenire: chi lo controlla, è potenzialmente in grado di controllare il mondo intero. Ma The Charter ha tra le sue fila agenti e spie provenienti da diversi corpi speciali e ben presto Rachel scoprirà di non potersi fidare di niente e di nessuno dopo che alcuni membri della sua squadra vengono uccisi a sangue freddo da un traditore, il collega Parker.

Questi infatti è alla guida di un gruppo terroristico intenzionato a mettere le mani sul Cuore, con l’intenzione di usarlo per i propri interessi e ottenere vendetta verso quei governi corrotti che nel corso dei decenni si sono macchiati di massacri e violenze rimaste impunite. Toccherà proprio a Rachel impedire che un qualcosa di così potente finisca nelle mani sbagliate e il suo tentativo di fare la cosa giusta la trascinerà in una rocambolesca e pericolosa avventura in giro per il mondo.

Questione di possibilità

Il paragone con il citato franchise di Tom Cruise non è per nulla casuale, in quanto anche a livello narrativo Heart Stone sembra scopiazzare qua e là da vari capitoli della suddetta saga, ultimo episodio incluso.

E naturalmente nei confronti di un modello così esplosivo, con tutti i pro e i contro del caso, non può che uscirne con le ossa rotte: una sorta di clone con meno idee e meno spettacolo che si trascina in due ore di visione dove tutto è stato già ampiamente visto e rivisto in decine di produzione spionistiche.

Non che dalle penne di Allison Schroeder e Greg Rucka (co-autori della sceneggiatura) ci si potessero attendere d’altronde voli pindarici: la prima è famosa per i sequel, da Mean Girls 2 (2011) a Frozen II (2019), il secondo proviene dal mondo dei fumetti e ironia della sorta ha lavorato in passato proprio su Wonder Woman.

Ma qua non abbiamo a che fare con amazzoni dotate di poteri sovrumani, bensì con un’agente segreta pronta a fare l’impossibile, tra spericolati inseguimenti su due o quattro ruote, combattimenti con armi da fuoco o corpo a corpo e improbabili lanci da aerei o simili con paracaduti più o meno improvvisati. La parola d’ordine è naturalmente esagerazione all’ennesima potenza, come certa tradizione di genere vuole, ma qui a dispetto di altre occasioni manca totalmente quello sprint autoironico in grado di rendere il tutto più guascone e leggero. Anzi, all’insegna di una deriva tipica di certo girl-power, qui la protagonista si prende fin troppo sul serio, tra pose plastiche e battute pronte e impostate: non aiuta in questo l’interpretazione fin troppo abbottonata di Gal Gadot, che non esce mai dal personaggio manco per sbaglio.

Jamie Dornan al contempo non è credibile negli scomodi panni di villain tutto d’un pezzo e a convincere di più nel cast risulta così essere Alia Bhatt, star del cinema bollywoodiano al suo primo ruolo di rilievo in occidente.

I soliti cattivi che parlano troppo e si fanno fregare al momento propizio, i classici salvataggi dell’ultimo secondo, tradimenti inaspettati e voltafaccia altrettanto improbabili caratterizzano così due ore di visione prive di effettive sorprese, dove almeno l’impatto estetico può contare ad ogni modo su una decorosa messa in scena e un budget di tutto rispetto per una produzione a tema. E naturalmente posti esotici a fare da sfondo ad un’avventura letteralmente globale: dai già citati paesaggi alpini al bianco dell’Islanda, dal caldo torrido e desertico del Senegal all’energia del Portogallo, il compendio da cartolina è servito ad uso e consumo del grande pubblico, sacrificando di fatto quasi tutto il resto.

Per altre novità su Netflix, leggete la nostra rubrica sulle uscite Netflix di agosto.

, L’articolo originale è stato pubblicato da, https://cinema.everyeye.it/articoli/recensione-heart-of-stone-netflix-mission-impossible-gal-gadot-62083.html, Heart of Stone, https://cinema.everyeye.it/feed/feed_news_rss.asp, Maurizio Encari,

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