extraprofitti bancari
di Redazione Economia
A tre giorni dall’approvazione in consiglio dei ministri del prelievo sugli extraprofitti delle banche, concepito dal governo come misura contro il rincaro dei mutui, le agenzie di rating fanno trapelare le prime valutazioni di merito. Da Moody’s, che giudica negativamente l’impatto della tasse sul settore, a Fitch che, al contrario, tenta di placare gli animi assicurando che l’introduzione della norma non influenzerebbe il rating degli istituti italiani. L’Abi (Associazione Bancaria Italiana), dal canto suo leva gli scudi, comunicando la netta opposizione del settore alla scelta di Palazzo Chigi.
La posizione dell’Abi
Le banche italiane sono «molto unite» di fronte alla decisione di Palazzo Chigi di varare una tassa sugli extraprofitti. È questo il messaggio emerso dalla riunione del comitato di presidenza dell’Abi. Gli istituti di credito, che si dicono complessivamente «sorpresi», hanno concordato un atteggiamento di «cautela, fermezza, serietà e senso di responsabilità». Posizione rappresentata dal presidente Antonio Patuelli che già in passato, nel corso del suo mandato, aveva più volte invitato ad attendere la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dei vari provvedimenti sul settore prima di rilasciare commenti. La decisione pare quindi essere quella di mantenere profilo basso per non «precipitare le cose», in attesa di valutare le prossime mosse del governo dopo la pausa estiva.
Moody’s: «La tassa è negativa per il settore»
Moody’s boccia il prelievo, etichettandolo come «credit negative» per il settore. I calcoli si sono concentrati su UniCredit, Intesa Sanpaolo, Bper, Banco Bpm e Mps, le cinque banche che insieme rappresentano circa il 60% del margine di interesse dell’intero sistema bancario italiano. Stando alle stime degli analisti, la nuova imposta ridurrebbe sensibilmente il reddito netto degli istituti in questione, pesando all’incirca per il «15% dell’utile netto 2022 del sistema». La tassa, inoltre, andrebbe ad aggiungersi «a una serie di altri vincoli alla redditività delle banche italiane, come la modesta attività di prestito o l’aumento delle spese operative». Tuttavia gli analisti, precisando che il report in questione non è il preludio di un’azione di valutazione del credito, sottolineano anche che, per l’anno in corso, «al netto dell’imposta sugli extraprofitti, la redditività rimarrebbe al di sopra dell’utile netto del 2022».
L’agenzia di rating americana prosegue l’analisi comparando la tassa annunciata dal Governo Meloni con la situazione vigente in altri Paesi europei, come Spagna, Ungheria e Repubblica Ceca, dove già da tempo sono in vigore misure analoghe. «A differenza del regime italiano, che si applica solo alle banche del Paese – specifica, di contro, Moody’s – il prelievo spagnolo si applica solo alle banche che hanno generato più di 800 milioni di euro di reddito imponibile nel 2019 o che sono vigilate dalla Banca Centrale Europea».
Fitch getta acqua sul fuoco
Getta acqua sul fuoco l’altra agenzia newyorkese. Per Fitch, il rating degli istituti italiani non subirebbe contraccolpi se la misura dovesse essere attuata. Se è vero, infatti, che il prelievo ridurrebbe necessariamente la redditività a breve termine, è da escludersi un abbassamento dei rating come conseguenza, considerata «la sua natura una tantum e la sua applicazione in un momento di redditività ciclicamente elevata e di coefficienti patrimoniali confortevoli». Le stime fornite da Fitch parlano di un gettito tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro, per la maggior parte a carico delle maggiori banche commerciali e dei gruppi bancari cooperativi. Realtà che nel secondo semestre 2022 hanno registrato una forte crescita del reddito netto da interessi, grazie a tassi particolarmente elevati che «hanno alimentato le loro attività, che sono per lo più a tasso variabile, ma molto meno le loro passività».
Nella maggior parte dei casi, Fitch prevede che il prelievo raggiunga il limite dello 0,1% delle attività totali, che equivale in media a circa 30 punti base di attività ponderate per il rischio. Il che corrisponde al 10%-15% della guidance sull’utile netto delle banche per il 2023. «Nel complesso, riteniamo modesta l’erosione della generazione interna di capitale e della redditività», osserva la nota. Le banche più piccole e più specializzate «dovrebbero essere meno colpite dal prelievo, poiché i loro costi di finanziamento sono generalmente aumentati più rapidamente con l’aumento dei tassi di interesse, limitando il beneficio per il reddito netto da interessi».
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L’Economia Opinioni e L’Economia Ore 18
10 ago 2023
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