Ottobre 2, 2023

Disney, abbonamenti con pubblicità anche in Europa da novembre

i conti

di Giuliana Ferraino

Disney, abbonamenti con pubblicità anche in Europa da novembre Bob igier

Bob Iger, richiamato lo scorso novembre al vertice di Disney dopo appena 11 mesi di pensionamento per rilanciare il gruppo che ha guidato per 15 anni, supera l’atteso appuntamento dei conti del terzo trimestre. La strategia per risolvere i problemi del gruppo, «più profondi» di quanto credesse, è piaciuta agli investitori e nell’after hours a Wall Street il titolo, sceso più del 20 % nell’ultimo anno, ha guadagnato il 4,4% a 91,40 dollari.

Per accelerare la profittabilità dei canali in streaming dal prossimo ottobre, il gruppo californiano alzerà i prezzi degli abbonamenti di Disney+ senza pubblicità e di Hulu, allargherà all’Europa e Canada degli abbonamenti con pubblicità a Disney a partire dal 1 novembre (Italia inclusa: ecco le nuove tariffe) e allo stesso tempo avvierà una stretta sulla condivisione delle password, come ha fatto Netflix. Ma non sono stati forniti dettagli su come funzioneranno le restrizioni. I rincari aumenteranno il costo mensile di Disney+ senza pubblicità di 3 dollari, pari a circa il 27%, fino a quasi 14 dollari negli Stati Uniti. Anche il costo di Hulu senza pubblicità salirà di 3 dollari, fino a quasi 18 dollari (+20% ).

Iger ha spiegato che gli aumenti di prezzo servono a spingere i consumatori verso le versioni più economiche del servizio streaming supportate da pubblicità, i cui prezzi di abbonamento non cambiano. Il mercato pubblicitario per lo streaming sta «crescendo», ha spiegato, notando che è più sano di quello degli annunci televisivi tradizionali. «Con la nostra strategia di prezzi stiamo cercando di far migrare un maggior numero di abbonamenti verso il livello supportato dalla pubblicità», perché qui i margini di ogni abbonamento sono maggiori.

Quanto ai dati del trimestre comunicati ieri, il numero di abbonati di Disney+ diminuisce a livello globale per il secondo trimestre consecutivo a 146,1 milioni dai 157,8 milioni di fine marzo (-7,4%), ma il calo riguarda soprattutto l’India, dove il gruppo ha perso i diritti per il cricket, mentre nel mercato americano la flessione è di 300 mila abbonati. La caduta segue il calo di 4 milioni di abbonati nel secondo trimestre.

I ricavi sono in leggero aumento (+3,8%) a 22,3 miliardi di dollari, poco sotto alle attese degli analisti.Gli utili, però, crescono più del previsto, anche se 2,65 miliardi di oneri una tantum e svalutazioni fanno chiudere il trimestre con una perdita netta di 460 milioni, rispetto a 1,4 miliardi di profitti di un anno prima. Senza, l’utile sarebbe cresciuto di 1,03 dollari ad azione. Il taglio dei costi (fino a 5,5 miliardi dollari, con 7 mila licenziamenti) prosegue e lo streaming dimezza le perdite a 512 milioni rispetto a un miliardo nel terzo trimestre 2022.

Gli studios, con la produzione di film, i parchi tematici e lo streaming sono le tre attività che «guideranno la maggiore crescita e creazione di valore nei prossimi cinque anni», ha spiegato Iger nella call con gli analisti. La tv tradizionale, come ABC, quindi non è tra queste e forse potrebbe essere ceduta.

Quanto alla voce ricorrente che l’intera Disney, alle prese con una profonda ristrutturazione, potrebbe essere una preda per Apple, Iger si è limitato a rispondere che «chiunque volesse speculare su queste cose dovrebbe considerare immediatamente il contesto normativo globale. E non dirò altro».

Il mese scorso la Disney ha annunciato che Iger rimarrà come Ceo del gruppo fino alla fine del 2026, accettando un’estensione del contratto di due anni, questo che darà alla società un po’ di tempo per trovare il suo successore.

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