capitali e investimenti
di Edoardo De Biasi
«La sostenibilità ambientale è la più grande rivoluzione nella storia dell’economia. Cambierà le dinamiche competitive. Ci saranno aziende — dice Nino Tronchetti Provera — che conquisteranno quote di mercato e altre che le perderanno. Convinti di questa svolta, abbiamo creato il fondo Ambienta. Abbiamo un data base di circa 5 mila 200 medie aziende, europee, private, attive in tutti i settori con cui vorremmo confrontarci. E siamo convinti che avranno tassi di crescita e profittabilità migliori delle altre imprese. Noi guardiamo al futuro, non ai bilanci degli ultimi tre anni». L’asset management di Ambienta è diventato quasi un caso da manuale. Il gruppo vanta un approccio olistico al tema della sostenibilità inteso come un elemento trasversale ai diversi settori e supera la concezione limitata che ha spinto a concentrare gli investimenti solo sulle emissioni di gas inquinanti o la transizione energetica. Questa visione gli consente di analizzare l’economia nel suo complesso, potendo investire su realtà dove la sostenibilità è anche un vantaggio competitivo. Non è un caso che il primo assunto sia stato un ingegnere, Fabio Ranghino, ora partner e responsabile della strategia. Una parafrasi che piace molto a Tronchetti è la differenza tra what e how. «Per noi l’importante è il what — dice —. Questa azienda è in grado di fornire prodotti e servizi in grado di ridurre l’inquinamento, al di là di come viene amministrata. Adesso l’attenzione è sull’how, cioè sulla gestione. In sostanza c’è un trend Esg che guarda se un’azienda è diretta in modo civile, senza distinzione di genere, religione e colore della pelle, in cui le persone meritevoli possono crescere e c’è una buona governance. Ma questo non cambia la competitività. Con una provocazione io potrei controllare la migliore società Esg costruendo bombe».
Il profilo
Nino Tronchetti è un imprenditore fuori dagli schemi tradizionali. Capace di vedere gli sviluppi futuri e anticipare i fenomeni sociali. E lo ha dimostrato sin dagli inizi. Nel 1992 si laureò alla Luiss scegliendo un tema singolare, a quel tempo, per la sua tesi. Il titolo era: «La compatibilità ambientale, un vincolo e un’opportunità per lo sviluppo delle aziende». All’epoca questi argomenti erano lontani dal mondo del business. Anche se qualche industriale aveva già capito l’evoluzione. «Raul Gardini era l’imprenditore che più ammiravo. Un terzo della mia tesi si basa sulle sue visioni. Aveva capito dove andava il mondo, probabilmente l’ha fatto troppo presto». L’idea della tesi funzionò. Non solo sugli accademici della facoltà (che lo laurearono «cum laude») ma soprattutto su McKinsey. «Volevo impressionarli — dice Nino Tronchetti —. La società di consulenza scommetteva solo sui laureati con idee disruptive. All’epoca la sede italiana era guidata da Rolando Polli. C’erano Mario Greco, Vittorio Colao, Giorgio Rossi Cairo e Aldo Bisio. Proposi a Polli di fondare la practice ambientale. L’Italia fu, con l’Olanda, la prima in McKinsey ad occuparsene. Non andò bene. Non c’era domanda da parte delle imprese». E così nel 1997 Nino lasciò McKinsey. Ha poi lavorato per Camfin-Pirelli e nel gruppo Telecom, in Finsiel e Olivetti. Ma la voglia di essere il protagonista del proprio destino professionale aumentò. In quegli anni, insieme a Polli e a Daniele Ferrero, ha acquisito Venchi. «Era una semplice pasticceria di Cuneo. Oggi ha mille addetti». L’ambiente però restava la sua ossessione imprenditoriale.
La svolta
Il grande passo è avvenuto nel 2007, quando venne fondata Ambienta. «È allora che, anche grazie all’appoggio di mia moglie, ho lanciato il fondo con Polli». Qui serve aprire una piccola parentesi. Polli è stato un manager che ha fatto dell’ambiente e dell’innovazione i due pilastri della sua vita professionale. Classe 1940, bocconiano, master alla Wharton School of the University of Pennsylvania, è stato il vero precursore della sostenibilità ambientale. Ma torniamo a Tronchetti. Sposato, tre figlie (Virginia, Camilla e Allegra), è nato e cresciuto a Roma ma ha quasi sempre lavorato a Milano. Non ha la tipica seriosità di un lombardo ma neanche lo scetticismo di un romano perché è maturato alla scuola McKinsey. Ama il suo lavoro. Adesso Ambienta è un asset manager focalizzato su investimenti legati alla sostenibilità e all’efficienza per il controllo dell’inquinamento. Nell’ambito del private equity, sono stati perfezionati 65 investimenti, 87 fabbriche che fatturano in quasi 150 Paesi nel mondo, con 5 mila dipendenti e oltre un miliardo di fatturato. «L’80% del mercato del private equity in Europa sono fondi che vendono ad altri fondi — continua Tronchetti — perché è molto difficile convincere un imprenditore a cedere la propria azienda. Noi siamo sempre entrati in maggioranza in società dove l’industriale ha capito la possibilità di diventare globale». Il gruppo attualmente gestisce attività per oltre tre miliardi. «Siamo l’unico asset manager internazionale con sede a Milano. Inoltre siamo presenti a Londra, Parigi e Monaco di Baviera».
I motivi della crescita
Ma come è stata possibile questa crescita? «Ci sono dei macro-numeri che spiegano quello che sta succedendo. Io sono nato nel 1968, all’epoca c’erano 3,5 miliardi di uomini e l’economia valeva due trilioni, oggi esistono 8 miliardi di esseri umani e il prodotto interno lordo globale sta raggiungendo i cento trilioni. Non possiamo pensare di far crescere l’economia a questa velocità senza cambiare il business model». Ma quali sono i settori in cui il gruppo investe maggiormente? «Acqua, digital e circular economy, pensiamo soltanto alla Previero che produce le migliori macchine che riciclano la plastica». Ambienta in Italia sta poi realizzando una delle più grandi infrastrutture di pompe per l’acqua per agricoltura, industria e residenziale mettendo insieme due aziende storiche come Caprari e Calpeda. Durante il Covid, ha investito anche su Namirial, società numero uno nelle soluzioni software che permettono di digitalizzare i processi organizzativi in modo sicuro. «C’è un leader americano — continua Tronchetti — che è Docusign, noi possiamo costruire il campione europeo». È stata acquisita anche Spaggiari, numero uno nello sviluppo della digitalizzazione delle attività scolastiche. Ma questa schematizzazione è riduttiva rispetto al complesso degli asset.
Gli investimenti e il futuro
Ambienta, per esempio, ha investito in Oskar Nolte (poi rivenduta al family office della famiglia Peter Möhrle) che realizza vernici prive di solventi, puntando su una chimica a base acqua. In questo modo ha conquistato il mondo Ikea: perché usa una tecnica meno inquinante e costa meno. Inoltre, il gruppo ha avuto in portolio Safim, che realizza valvole in grado di ridurre i consumi dei trattori e grazie a questa tecnologia è diventata il fornitore di John Deere. Un altro momento importante è il food. «Abbiamo creato il più grande gruppo europeo di aromi e coloranti naturali per cibi e bevande, aggregando dodici aziende». In Inghilterra, è poi partita l’idea di assembleare un sistema di aziende che sviluppano e distribuiscono prodotti led. Il 20% dell’elettricità viene usato per fare luce e questa tecnologia riduce il consumo di circa il 50%. Infine, nei mesi scorsi è stata lanciata Ambienta Credit. È un’evoluzione naturale della strategia messa a punto anni fa e potrà beneficiare di tutte le sinergie derivanti dal know-how e dalla esperienza maturata sul campo. La società, guidata da Ran Landmann, si focalizzerà sulle «eccellenze ambientali». Aziende non in vendita ma che il gruppo conosce bene e può quindi finanziare. «La modernità ha fallito. Bisogna costruire un nuovo umanesimo altrimenti il pianeta non si salva», ha detto Albert Einstein. I primi segnali cominciano finalmente a vedersi.
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10 lug 2023
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