Ottobre 2, 2023

Fabbisogno italiano, dopo 6 mesi sale a 92 miliardi: più del doppio rispetto al 2022

Casse dello Stato

di Federico Fubini

Fabbisogno italiano, dopo 6 mesi sale a 92 miliardi: più del doppio rispetto al 2022

C osa esattamente stia accadendo alla finanza pubblica italiana si capirà meglio nei prossimi mesi. Di sicuro i primi sei dell’anno, benché negativi, non bastano a tirare conclusioni definitive. È possibile che certi provvisori squilibri siano destinati a riassorbirsi. È inevitabile che l’ondata di crediti d’imposta da bonus-casa inizi a far sentire, sotto forma di minori entrate, i suoi effetti sul fabbisogno di cassa e sul debito (mentre li include già negli anni scorsi il deficit di competenza, che viene valutato a Bruxelles). Ed è certo che nel ministero dell’Economia non si percepiscono segni di preoccupazione. Eppure l’andamento del fabbisogno nei primi sei mesi, aggiornato lunedì dal ministero stesso, è nettamente peggiore rispetto al periodo corrispondente di un anno fa. In giugno il rosso di cassa nei conti dello Stato, a 13,2 miliardi di euro, è stato quasi doppio rispetto a quello del giugno 2022.

Il raddoppio del «rosso»

Il risultato cumulato nel primo semestre è dunque molto diverso a quello dell’anno scorso: il saldo di cassa del settore statale risulta negativo per 95 miliardi a metà anno, contro i 42,8 miliardi di fabbisogno registrati dopo i primi sei mesi di un anno fa. In sostanza quest’anno, dopo il primo semestre, c’è ben più che un raddoppio del rosso di cassa dello Stato. È un dato che gli analisti stanno tenendo sotto osservazione. L’anno scorso un fabbisogno di 42,8 miliardi dopo sei mesi condusse, a fine anno, a un deficit del 5,6% del prodotto lordo (prima delle revisioni al rialzo dovute proprio all’impatto dei bonus immobiliari). Quest’anno un fabbisogno semestrale di cassa più che raddoppiato a 95 miliardi in teoria dovrebbe portare, a fine anno, con un deficit ridotto al 4,5%.

L’obiettivo di finanza pubblica non è fuori portata

Non è affatto detto che l’obiettivo di finanza pubblica del governo sia fuori portata, al contrario. Quest’anno 20,7 miliardi di fabbisogno vanno scomputati dal deficit — quello valutato a Bruxelles — perché derivano da minori entrate per crediti d’imposta immobiliari che appunto sono già state scontate nei conti annuali del periodo 2020-2022. Inoltre, grazie a crescita e inflazione, la base dell’economia italiana a fine 2023 dovrebbe essere di oltre duemila miliardi: un denominatore più alto che, in proporzione, riduce un po’ il peso di debito e deficit. Eppure i flussi di cassa dello Stato restano negativi al di là di quanto è giustificato dai crediti d’imposta dei bonus. Anche senza calcolare questi ultimi, il fabbisogno dopo sei mesi risulta doppio rispetto a un anno fa.

Dal Pnrr all’inflazione

Nella sua nota più recente il Mef ricorda l’adeguamento delle pensioni all’inflazione e i maggiori prelievi degli enti locali. In note precedenti la Ragioneria dello Stato cita anche i minori utili trasferiti dalla Banca d’Italia e il ritardo di versamento della terza rata del Piano nazionale di ripresa. Ma colpisce che le entrate nei primi cinque mesi siano cresciute solo dell’1,8% — quelle da imposte indirette sono addirittura scese — anche se il binomio di crescita e inflazione farebbe preconizzare un gettito più robusto. Se si faccia sentire un ritorno all’evasione o qualche altro fattore si capirà con il tempo. Certo questi dati non rendono più facile la prossima legge di bilancio, né la riforma fiscale annunciata dal governo.

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