L’intervista
di Federico Fubini
Klaas Knot, presidente della Banca d’Olanda e del Financial Stability Board, ha parlato questa settimana al «Corriere della Sera», a «El Mundo» (Spagna), «Handelsblatt» (Germania) e «Les Echos» (Francia). (Qui la versione inglese dell’intervista: English version)
Governatore, la produzione industriale in area-euro è in calo e le materie prime costano meno di un anno fa. Crede che l’inflazione possa restare elevata?
«C’è molta incertezza su questo, ma i prezzi dell’energia si sono riversati su altre parti del paniere dei beni di consumo. C’è stato un allargamento dell’inflazione. L’inflazione sottostante oggi è la nostra principale preoccupazione e non dà ancora segni di diminuire, soprattutto nei servizi. In effetti, l’attività manifatturiera sembra essere in contrazione. Ma per il momento non vediamo un rallentamento nei servizi. La maggior parte dei servizi è ad alta intensità di lavoro e l’andamento dei salari è uno dei principali rischi al rialzo per le prospettive di inflazione. Il picco dell’inflazione complessiva è chiaramente superato, ma per l’inflazione sottostante non siamo sicuri che lo abbiamo già raggiunto. Come responsabili della politica monetaria, dobbiamo essere certi che ci sia un calo significativo dell’inflazione sottostante».
Per il vicepresidente della Bce De Guindos la stretta monetaria è alla fase finale. Per Joachim Nagel, presidente della Bundesbank, gli aumenti dovrebbero continuare dopo l’estate. Dove vede il punto più alto dei tassi?
«Non lo so ancora, dobbiamo dipendere dai dati. Penso che avremo ancora bisogno di ulteriori aumenti dei tassi a giugno e luglio, mi pare improbabile che nel frattempo i nuovi dati in arrivo cambino drasticamente. Sono convinto che la nostra analisi indicherà la necessità di almeno altri due rialzi di 25 punti base. Ma sono totalmente aperto su ciò che accadrà dopo l’estate. È troppo presto per dirlo».
Ha fiducia che l’area dell’euro abbia evitato una recessione?
«L’effetto della stretta monetaria deve ancora arrivare in pieno e questo comporta incertezza sulle prospettive di crescita. In ogni caso, la crescita in area euro non sarà molto abbondante. Ci aspetta un periodo di crescita bassa o moderata. Poi certo c’è sempre il rischio che, in caso di un altro choc, si possa entrare molto rapidamente in recessione. Ma non è il mio scenario di riferimento. Credo che avremo bassa crescita nel 2023 e forse anche nel 2024».
Si aspetta tassi elevati tra due, tre o quattro anni?
«Descriverei quello che stiamo facendo adesso come un’azione più lenta e più protratta. A maggio siamo passati da aumenti dei tassi di 50 punti-base a aumenti di 25 punti. Nel Consiglio direttivo della Bce c’è un’intesa generale che, anche se raggiungiamo il picco dei tassi a un certo punto non troppo lontano nel tempo, dovremo probabilmente rimanere lì per un periodo significativo. Le attese di mercato di tagli ai tassi sono eccessivamente ottimistiche. L’inflazione sottostante è più persistente di quanto ci aspettassimo. E storicamente sappiamo che una volta che abbia raggiunto i salari e i prezzi dei servizi, queste diventano componenti della dinamica dei prezzi molto permanenti. Difficile far rientrare il genio nella bottiglia. Penso che quando avremo raggiunto il picco dei tassi, dovremo rimanerci per un periodo di tempo piuttosto significativo».
La Germania è entrata in recessione. Sta diventando un problema in Europa?
«Non direi. Le strutture economiche dei Paesi dell’area euro sono diverse e ci saranno sempre choc particolari a ciascuno. La Germania ha un paio di questioni specifiche: la dipendenza dal settore auto, parte del quale dipende molto dall’export verso la Cina. Tra l’altro l’industria dell’auto deve affrontare una transizione importante con l’abbandono dei motori a combustione. E i rapporti con la Cina sono più tesi di prima, con impatti negativi sulle possibilità dell’export. Ma confido nella capacità dei decisori politici di gestire queste sfide».
Gli aumenti dei tassi rischiano di avere effetti destabilizzanti in Europa, non tanto sulle banche quanto sulle assicurazioni, nei mercati privati o nei fondi pensione?
«Le assicurazioni sulla vita e i fondi pensione sono protetti in modo naturale, perché hanno anche passività a lungo termine (non solo attivi a lungo termine, ndr). Invece, dal punto di vista della liquidità, mi preoccupano un po’ di più i fondi d’investimento, i fondi del mercato monetario e simili. Alcuni di questi fondi offrono ancora l’illusione di rimborsi giornalieri, mentre sono bloccati in investimenti a lungo termine: non solo bond, anche immobili commerciali. Questo richiede assolutamente vigilanza. Richiede di rafforzare gli strumenti di gestione della liquidità all’interno di queste istituzioni finanziarie. È esattamente il programma di lavoro del Financial Stability Board. È uno dei nostri capisaldi e andrebbe messo in pratica anche nell’area euro».
Quanto la preoccupa l’evoluzione del debito in Italia e Spagna?
«Il debito pubblico è aumentato nei Paesi dell’area dell’euro in genere. Il fenomeno è più evidente in alcuni Paesi del Sud. Ma c’è anche un gruppo intermedio di Paesi, come il Belgio e la Francia, in cui il debito pubblico è aumentato in modo piuttosto drammatico. È comprensibile, visti gli choc che abbiamo dovuto subire e in cui la politica di bilancio ha dovuto in parte ammortizzare. Ma ora è il momento di ritirare il sostegno fiscale e di ridurre il rapporto debito-Pil. È di estrema importanza. I governi devono affrontare costi di finanziamento più elevati, perché dobbiamo combattere l’inflazione. Dovranno avere saldi primari più alti per compensare i maggiori costi di indebitamento. Questo aggiustamento dovrà avvenire e non c’è un tempo infinito a disposizione per farlo. Dovrà avvenire quest’anno e il prossimo».
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