Maggio 28, 2023

Dipendenti pubblici, tornano a crescere (anche se il posto statale non piace più): sono 3,2 milioni

burocrazia

di Enrico Marro

 Dipendenti pubblici, tornano a crescere (anche se il posto statale non piace più)

Tornano a crescere i dipendenti pubblici, ma resta elevata la loro età media mentre 2 vincitori su 10 rinunciano al posto. Sono i risultati, apparentemente contraddittori, che emergono dalla ricerca «Ripartiamo dalle persone» presentata in apertura del Forum Pa 2023. Le nuove tendenze del mercato del lavoro (dallo smart working al diverso e più selettivo approccio dei giovani verso l’attività lavorativa) coinvolgono anche il settore pubblico, che in ogni caso si presenta come un importante bacino di opportunità d’impiego, considerando che nei prossimi dieci anni andrà in pensione un milione di dipendenti pubblici, cioè circa uno su tre. Opportunità ancora maggiori per i lavoratori con profili tecnici e specialistici, di cui c’è forte carenza anche nel settore pubblico, tanto più dopo il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che prevede investimenti per quasi 200 miliardi entro il 2026.

Meno candidati per concorso

Nel 2022 i dipendenti pubblici hanno raggiunto quota 3 milioni 260mila, con un aumento dello 0,8% rispetto al 2021. Si tratta del livello più alto negli ultimi dieci anni. Frutto dello sblocco del turn over e della ripresa dei concorsi, dopo la pandemia, che ha rivelato la necessità di potenziare la pubblica amministrazione in diversi settori. A fronte del maggior numero di concorsi si osserva però un diminuzione dei candidati e un aumento delle rinunce. Da inizio 2021 a giugno 2022 si sono presentati appena 40 candidati per ogni posto messo a bando, un quinto rispetto ai 200 di media nel biennio precedente, quando però c’era meno offerta di concorsi. Fenomeno in crescita è quello delle rinunce. In media, riguarda due vincitori su dieci, con punte del 50% tra coloro che hanno vinto un concorso che prevedeva contratti a tempo determinato.

I costi dell’affitto

Molte rinunce sono dovute all’indisponibilità di spostarsi da Sud a Nord, dove la vita è più cara e solo l’affitto può assorbire fino al 50% dello stipendio. Altre dipendono dal fatto che la persona ha vinto più concorsi (riguarda il 26% dei candidati) e sceglie quello più vantaggioso per lui in termini di posto stabile, di vicinanza alla residenza, di retribuzione. Inoltre, sottolinea Calo Mochi Sismondi, presidente del Forum, «oggi i lavoratori danno meno importanza al posto fisso, in favore di aspetti come benessere, motivazione, formazione, lavoro agile». Nel 2021 gli assunti per concorso sono stati più di 150mila, ma l’8,6% era già un dipendente pubblico. Dei posti messi a bando dalla fine del 2021 a marzo del 2023 il 72% riguardava assunzioni a tempo indeterminato, il 24% a tempo determinato e il 4% incarichi di collaborazione.

Niente giovani nei ministeri

Nonostante la ripresa delle assunzioni, l’età media del personale stabile è di 50,7 anni. Nel 2002 era di 44,2. L’età media di assunzione è salita in vent’anni da 29,3 a 34,3 anni. Gli impiegati con meno di trent’anni sono il 4,8%. Nei ministeri si scende allo 0,7% e nella scuola allo 0,3%. Secondo il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, per favorire l’ingresso dei giovani è necessario «riattivare l’apprendistato: 50% di formazione e 50% di lavoro, e poi trasformazione in contratto a tempo indeterminato».

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