infrastrutture
di Michelangelo Borrillo
Se ne parla poco. Perché costa tanto. Ma chi ha la lungimiranza di guardare al futuro continua a immaginarla. Perché sognare, invece, costa poco. Il sogno è quello di un’Italia che punti a creare sviluppo anche sulla dorsale adriatica dopo averlo fatto su quello tirrenica, con gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti: si impiega meno tempo a raggiungere Milano da Napoli (4 ore e 30 minuti) che da Pescara (4 ore e 44 minuti), nonostante quest’ultima distanza (521 chilometri) sia due terzi della prima (790 chilometri). Certo, si può velocizzare la linea ferroviaria adriatica esistente, che costeggia il litorale, così come si sta provando a fare. Ma è altra cosa rispetto all’alta velocità che ha cambiato la mobilità della fascia tirrenica. Creando un nuovo divario, rispetto a quello storico Nord-Sud: quello Est-Ovest.
Il disinteresse della politica
Sul fronte politico se ne parla pochissimo. Lo ha fatto, da ministro della Cultura (per le possibili ricadute sul turismo), Dario Franceschini in una intervista al Corriere del maggio 2020 in cui sottolineava come l’infrastruttura, non a caso, dovesse rientrare in una «grandiosa Ricostruzione» con la R maiuscola, perché «il gap infrastrutturale nel nostro Paese non è solo tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest. Sul lato tirrenico alta velocità e grandi aeroporti, sul lato adriatico praticamente nulla». E nulla, da allora, si è mosso su questo fronte (neanche a parole, che invece si sprecano per un’altra infrastruttura come il Ponte sullo Stretto). Adesso, però, Confindustria Ancona ha deciso di fare i conti su quanto costerebbe l’opera e su quale sarebbe l’eventuale ricaduta per «mostrare le potenzialità dell’alta velocità sulla dorsale adriatica come leva di sviluppo dell’economia nazionale» come spiegato nella premessa dell’analisi del Centro studi Confindustria e OpenEconomics.
L’impatto su Pil e occupazione
Ebbene, i numeri di questa nuova tratta Bologna-Ancona-Pescara-Foggia-Bari — 610 chilometri divisi tra Puglia (30%), Marche (25%), Emilia Romagna (20%), Abruzzo (20%) e Molise (5%) — dicono che arretrare la dorsale adriatica ferroviaria per costruire una nuova linea ad alta velocità costerebbe circa 44 miliardi di euro. Ma se ne genererebbero 95 di Pil (oltre a notevoli benefici anche per turismo, industria, inquinamento e qualità della vita), con la creazione di 144 mila posti di lavoro stabili a tempo pieno suddivisi, in varia misura, in tutte le regioni italiane. In quelle coinvolte dai lavori (Abruzzo, Emilia Romagna, Marche, Molise, Puglia), invece, «il solo cantiere del progetto contribuirebbe a una crescita del Pil in media allo 0,6% su base annua», mentre a livello nazionale il contributo alla crescita si attesterebbe intorno allo 0,4%».
I tempi dell’opera
Scendendo nei dettagli dell’impatto del progetto di alta velocità adriatica, la fase di progettazione durerebbe tre anni — con una spesa di 5 miliardi, un impatto sul Pil di 12,7 miliardi e la creazione di 42 mila posti di lavoro stabili a tempo pieno — mentre il cantiere dell’infrastruttura — con una spesa 39 miliardi e impatto sul Pil di 82 miliardi, con creazione di 102mila posti di lavoro stabili a tempo pieno — durerebbe 10 anni. Complessivamente, quindi, servirebbero 13 anni per completare l’opera. A patto che non si prenda esempio da quanto sta avvenendo (certificato nel 2022 dalla Corte dei Conti) per il semplice raddoppio di binario della tratta ferroviaria Termoli-Lesina, solo 32 chilometri della linea attualmente esistente: non un solo chilometro completato in 21 anni di progetti dall’approvazione del Cipe del 2001.
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10 mag 2023
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