Più di 400 mila famiglie, per un totale di 615 mila persone, non saranno più coperte dal «Reddito di cittadinanza». Significa circa una famiglia su 3 e una persona su 4. Infatti, nel primo trimestre di quest’anno i nuclei beneficiari del reddito sono stati 1,1 milioni per un totale di 2,5 milioni di individui. Le platee di coloro che perderanno il sussidio di povertà in quanto cosiddetti occupabili è stimata nella relazione tecnica che accompagna il decreto legge del primo maggio che ha cambiato, tra le altre cose, anche il reddito di cittadinanza.
Assegno di inclusione
Ma andiamo con ordine. La riforma ha istituito due prestazioni. La prima si chiama «Assegno di inclusione». Scatterà dal prossimo gennaio, ed è molto simile all’attuale reddito. Ma potrà essere richiesta solo dalle famiglie al cui interno vi sia almeno un disabile o un minorenne o un over 60. I requisiti di Isee e di reddito sono rimasti gli stessi (non superiori rispettivamente a 9.360 e 6mila euro) e anche l’importo massimo ottenibile: 500 euro al mese per un single (quando la famiglia ha più componenti si applicano diversi moltiplicatori secondo la presenza di minori, disabili e anziani) più una somma fino a 280 euro nel caso la famiglia viva in affitto. L’assegno durerà al massimo 18 mesi e potrà essere richiesto di nuovo, dopo una sospensione di un mese, ogni volta per massimo 12 mesi.
Chi avrà il nuovo sussidio
Per stimare la platea dei beneficiari di questo nuovo sussidio di povertà la relazione tecnica parte dalle famiglie titolari di reddito e pensione di cittadinanza a dicembre del 2022, cioè 1.168.722 nuclei. Da questa base estrapola le famiglie con presenza di minori, anziani e disabili e infine allarga la platea di nuclei stranieri (da circa 125 mila a 200mila) perché la riforma ha ridotto da 10 a 5 anni il requisito della residenza in Italia. Arriva così al risultato di stimare che nel 2024 le famiglie che mediamente riceveranno l’assegno di inclusione sono 733mila. Un numero che sale di poco negli anni successivi, fino al massimo di 808mila nel 2033. La spesa prevista parte da 5,5 miliardi nel 2024 per salire di poco, fino a 6 miliardi nel 2033. Se si dividono i 5,5 miliardi per le 733mila famiglie beneficiarie nel 2024 viene fuori un assegno mensile medio di quasi 625 euro al mese: più dei 572 euro corrisposti in media lo scorso marzo ai percettori di reddito e pensione di cittadinanza.
Supporto per il lavoro
Ma la musica cambia totalmente quando si passa a esaminare la seconda prestazione dalla riforma, quella destinata ai 18-59enni abili al lavoro. Si chiama «Supporto per la formazione e lavoro». Partirà dal primo settembre 2023. E consiste in un assegno di importo non superiore a 350 euro sotto forma di indennità di partecipazione a progetti di formazione e altre politiche attive e ad attività tipo i lavori socialmente utili, per la durata delle stesse. Quindi, se per esempio, l’adulto partecipa a un corso di due mesi potrà richiedere la prestazione solo per due mesi. In ogni caso questa indennità non potrà essere presa per più di 12 mesi, non ripetibili. I requisiti sono più stringenti, non potendo l’Isee superare 6mila euro. La relazione tecnica stima in 436 mila i nuclei familiari potenzialmente interessati alla misura, per un totale di 615 mila persone. Di queste si prevede che 322mila riceveranno il supporto per una spesa di 1,3 miliardi.
Arrangiarsi
Stime che gli stessi tecnici che le hanno formulate, a microfoni spenti, giudicano molto ottimistiche. La relazione suppone infatti che più di una persona su due trovi un corso di formazione e che esso duri per 12 mesi. Ma molto difficilmente sarà così e come dice qualcuno degli esperti, «bene che vada, spenderemo la metà» di 1,3 miliardi previsti nel 2024. In ogni caso gli occupabili si ridurranno drasticamente, non essendo la prestazione ripetibile. Così dal 2027 in poi non supereranno i 133mila. A ulteriore riprova che gli oltre 600mila occupabili finora coperti dal reddito presto dovranno arrangiarsi.
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07 mag 2023
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