Settembre 27, 2023

Schlein-Conte al corteo: se la piazza sostituisce la politica

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Ha fatto notizia vedere i primi cenni d’intesa tra Conte e Schlein alla manifestazione antifascista di Firenze. Ma la vera notizia è che questi cortei – e alleanze – sono la norma ovunque in Europa, e da più tempo e con più convinzione in America. L’Italia resta un caso alquanto atipico di un Pd a lungo imballato tra due opzioni, o meglio due costole. Gli scissionisti recenti e rumorosi di Renzi e Calenda, sulla destra, e quelli silenziosi e molto più numerosi che, sul versante radicale, Grillo si era sottratti di soppiatto e Conte si è lestamente scippati. 

Al netto dei Cinquestelle della prima ora, ritornati all’ovile di destra, quelli rimasti sotto le bandiere dell’avvocato appartengono, infatti, prevalentemente all’ex bacino elettorale Pd. Che – è sempre il caso di ricordare i numeri – cubava quindici anni fa sette milioni in più dei cinque e rotti che hanno votato Letta a settembre.

L’interesse prioritario della neo segretaria Pd, in questa fase, è di consolidare il clima positivo di partecipazione allargata/rinnovata innescato dalle primarie, nell’auspicio di rimescolare il magma dell’astensionismo, soprattutto giovanile. In questo, oltre che dalla sua vocazione ideologica, è agevolata dal fatto che, per il momento, sul fianco moderato-centrista poco o niente si muove. Sul piano tattico, Calenda e i renziani – quelli con Renzi e quelli ancora nel Pd – non hanno molto spazio, visto che il governo Meloni ha ancora il vento in poppa. Qualche problema comincia ad affacciarsi sul crinale della gestione degli sbarchi e, più in generale, dei migranti. E sui primi scontri di piazza che cominciano a fare emergere sacche di malcontento e agitazione. Ma non si tratta certo di un terreno che Azione può coltivare a proprio vantaggio.

Diverso diventerebbe il discorso se, nei prossimi mesi, dovessero cambiare gli scenari delle prospettive economiche. Perché è questo l’ambito dove Azione continua a rivendicare competenze che non riconosce alla Meloni. Fino ad oggi, però, ribaltando molte previsioni populiste, la premier si è mossa con cautela, cercando di tenersi stretta al sentiero tracciato da Draghi. Questo dovrebbe bastare a togliere spazio di manovra a Calenda, ma certo lascerebbe pochi margini anche alle iniziative del governo in tema di politiche sociali. Che è il fronte dove dovrebbe coagularsi l’alleanza tra Schlein e Conte.

Il vero banco di prova del nuovo Pd diventerà la capacità di rimettere al centro dell’agenda parlamentare i nodi caldi di sanità e lavoro, quelli che oggi maggiormente incidono sulla tenuta del sistema-Paese. Non sarà semplice. Sia perché buona parte della legislazione in materia vede un ruolo spesso prioritario delle regioni. Un terreno istituzionale dove, oggi, il centrodestra è in netta maggioranza. E, quando sono in mano al centrosinistra, i governatori hanno appoggiato Bonaccini. Gli stessi gruppi parlamentari, al momento, sono ancora poco allineati alla nuova leader. Ed è probabile che seguiranno con scarsa lena le indicazioni che arriveranno dal Nazareno. Il rischio è che, se non funzionano i canali istituzionali, diventi sempre più importante, per spingere gli obiettivi di riforma sociale, la mobilitazione di piazza.

Anche in questo caso, Europa e America ci hanno abituati da tempo a una radicalizzazione degli scontri. Una dinamica che nemmeno il Covid è servito a raffreddare, e che è ripresa ancora più virulenta in questa fase di inflazione molto alta e di crescente incertezza sul futuro. L’Italia, però, è rimasta ai margini di queste tensioni. A dispetto di cambiamenti al vertice bruschi quanto plateali – un premier calato dall’altissimo, e una premier arrivata dal freddo – l’Italia non ha sperimentato i disordini che abbiamo visto in altri paesi. Certo, in questi casi, è d’obbligo aggiungere: finora. E le avvisaglie di questa settimana fanno intravvedere che anche qui il vento potrebbe cambiare.

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