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I dati e gli algoritmi: la medicina del futuro Il cambio di passo impresso dalla rivoluzione digitale all’intera società è sotto gli occhi di tutti. Ma, complice la pandemia, quello che sta accadendo nel campo della Sanità è qualcosa di più: un cambio di paradigma, di modello di intervento. Il passaggio che si sta prefigurando, che è estremamente promettente per la nostra salute e quindi per la nostra vita, è quello da un modello basato sui casi patologici, sugli episodi, a un approccio strutturalmente diverso, incentrato sui dati. Sulle informazioni che sono a disposizione di ospedali ed enti pubblici, non relative ai singoli casi, o alle singole persone, ma aggregati. Che possono rappresentare però la chiave di volta per poter intervenire in modo più efficace sui singoli episodi di malattie. Con un presupposto fondamentale in Sanità che è quello della prevenzione.
La medicina del futuro sarà fondata sui dati, ancora prima che sugli algoritmi. I dati sono un fenomenale acceleratore dell’uso dell’intelligenza artificiale, che permette di trovare nuove cure e tagliare i costi di sviluppo dei farmaci più innovativi. Possiamo dire che l’AI è il motore della nuova medicina ed i dati sono la fonte di energia che lo alimenta. E l’Italia è uno dei Paesi dove gli effetti possono essere maggiori e più positivi. Siamo un Paese dal doppio volto. Godiamo della vita media più alta rispetto al resto d’Europa: mangiamo meglio, beviamo di meno… in poche parole, siamo il Giappone europeo. Tuttavia, questo fattore rappresenta un vanto ma anche un grande svantaggio per quanto riguarda la spesa pubblica.
Basti pensare che la spesa di sanità ha raggiunto nel 2020 picchi del 12% del PIL, alla quale vanno sommati costi per le malattie croniche la cui incidenza è in forte aumento, vicino al 3% del PIL. Più del 70% della spesa sanitaria è dovuto a malattie croniche e circa il 36% di cittadini con più di 65 anni ha almeno due malattie croniche. Se questo dato non fosse ancora abbastanza allarmante, dovrebbe esserlo alla luce del fatto che la spesa per le pensioni nel 2021 sia stata intorno al 18% del PIL. Se, come sembra, la digitalizzazione può portare a risparmi nel lungo termine ben superiori al 10% della spesa sanitaria (costo-opportunità), con benefici ancora maggiori per la gestione a distanza di pazienti cronici, si comprende l’ordine di grandezza del cambio. Parliamo di circa 2% di PIL. I dati e gli algoritmi aiutano inoltre il controllo della spesa sanitaria soprattutto in un sistema a ordinamento diffuso come quello italiano. I risparmi sono importanti ma la qualità della vita lo è ancora di più.
I dati per prevenire piuttosto che per curare Oggi compiamo un’azione perlopiù reattiva rispetto alla malattia. Avendo a disposizione una considerevole mole di dati si può dare impulso a quella componente oggi poco utilizzata che è la prevenzione personalizzata. Comprendere i fattori di rischio, basati sull’analisi di un gran numero di dati come il profilo genetico, la dieta, le attività giornaliere, ci permetterà di prendere coscienza sulle possibili azioni da intraprendere e gli stili di vita da adottare per rimanere in salute più a lungo o limitare gli effetti delle malattie. Dati: uso primario vs. uso secondario Si deve fare una distinzione iniziale.
Esistono dati ad uso primario e dati ad uso secondario. Il dato ad uso primario consiste nel contenuto delle nostre cartelle cliniche, i referti con le informazioni che ci riguardano direttamente e che ci ritroviamo ad esibire al medico per avere una diagnosi. Dati ad uso primario che, sia detto per inciso, a causa della mancata interoperabilità dei vari sistemi, facciamo fatica a utilizzare in caso di consulto con altri medici. Il dato ad uso secondario può essere definito come dato riferito ad un paziente generico, ovvero l’insieme di caratteristiche ed informazioni che ci rappresentano – senza tener conto della nostra identità – che non servono necessariamente a curare il singolo individuo ma a curare la comunità e a migliorare il modo in cui si fa ricerca, i farmaci, le terapie e anche la prevenzione.
Un esempio concreto di dato ad uso secondario potrebbe essere la radiografia di un paziente di una determinata età, che conduce un certo stile di vita, in una particolare zona geografica e che ha precise abitudini. Questa radiografia è associata ad altri dati attribuiti ad un profilo che corrisponde ad un omologo gruppo di pazienti e dal quale un medico o un ricercatore può trarre informazioni importanti per migliorare sia l’intervento che la prevenzione sanitaria. Una condivisione di informazioni mediche che, rispettando la privacy del singolo, può permettere, aggregandole alle altre, di intervenire su altri pazienti con diagnosi analoghe L’intelligenza artificiale ed i dati aiutano il medico non lo sostituiscono.
Nessun pilota professionista vola senza l’aiuto del computer soprattutto quando non si vede nulla. La medicina del futuro si basa sui dati ad uso secondario. Qualcuno potrebbe obbiettare che nel caso sanitario anche la condivisione secondaria dei dati desta sempre qualche dubbio sul piano della protezione dei dati. Forse pochi sanno però che da giugno 2022 è in vigore un nuovo regolamento, il Data Governance Act, che dà piena legittimità all’uso secondario dei dati e permette ad un singolo cittadino che lo vorrà di fare una scelta altruistica contribuendo con i propri dati alla ricerca, nel pieno rispetto della privacy.
Un altro regolamento europeo sullo spazio europeo dei dati nel campo medico è in fase di approvazione e stabilirà in dettaglio il ruolo di tutti gli attori (operatori sanitari, centri di ricerca, aziende) nell’utilizzo e condivisione dei dati sanitari. L‘accesso ai dati è anche la chiave del successo della genomica, per poter trattare un domani malattie oggi senza cura. Grazie al sequenziamento del genoma umano è possibile capire come i singoli geni interagiscono per comprenderne eventuali anomalie. L’idea è creare un’infrastruttura che permetta ad un ricercatore di verificare dove ci siano variazioni sul genoma relative ad una determinata malattia accedendo al dato genomico.
E questo senza spostarlo o acquisirlo, o legarlo a una persona visto che si tratta di un tipo di dato molto sensibile. La specializzazione di questa infrastruttura la si farà sul cancro, sulle malattie infettive, ma anche su population genomics, ovvero che cosa succede alla gente quando, per esempio, agisce in un certo modo, secondo un determinato stile di vita, oppure vive in un determinato territorio: parliamo di un punto di svolta nella ricerca e nell’innovazione. In questo contesto, l’iniziativa “1+ Million Genomes” (1+MG) ambisce a consentire l’accesso sicuro ai dati genomici in tutta Europa per migliorare la ricerca, l’assistenza sanitaria personalizzata e la definizione delle politiche sanitarie.
Il progetto è partito a novembre 2022, con la prima fase che riguarda la realizzazione dell’infrastruttura per lo scambio sicuro dei dati. Il caso degli Stati Uniti e i prossimi passi dell’Europa Nell’intervista al
Tornando all’ Europa, per evitare la frammentazione, si sta lavorando alacremente con i due regolamenti sopracitati e con grandi progetti europei di coordinamento soprattutto in termini di interoperabilità dei dati. Sul piano dei progetti realizzativi, uno dei pilastri del piano europeo di lotta contro il cancro, è la realizzazione di un immenso database europeo di immagini relative al cancro. Si tratta della dell’iniziativa europea chiamata “European Cancer Imaging Initiative”, che mira allo sviluppo di soluzioni innovative basate sui dati per le terapie e le cure oncologiche. Il progetto coinvolge già 76 partners da 14 paesi, di cui 10 italiani Con queste premesse, l’Europa si trova nelle condizioni per primeggiare nel processo di digitalizzazione della salute pubblica. Ma di questo ne parleremo meglio nella prossima puntata.
Per il momento, ci limitiamo a concludere che la condivisione dei dati secondari è un processo circolare che produrrà un sistema sanitario più efficiente e un’innovazione che ci permetterà di prevenire malattie e migliorare cure e medicinali, attuando anche un risparmio non indifferente. È proprio il caso di dire che prevenire è meglio che curare, soprattutto quando ci permette anche di risparmiare qualcosa.
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L’Economia Opinioni e L’Economia Ore 18
06 mar 2023
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