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di Cesare Zapperi
Il governatore leghista del Veneto parla dell’indagine della Procura di Bergamo sulla mancata zona rossa all’inizio della pandemia: «Così nessuno si prenderà più la responsabilità nelle emergenze»
«La verità è un diritto. Ma celebrare processi sulla pubblica via è disdicevole. È facile fare le analisi e dare giudizi con il senno di poi. In questo Paese ogni volta dopo un fatto eclatante si apre un’inchiesta. È una china pericolosa».
Perché?
«Perché finisce che chi ha delle responsabilità fa il suo compitino e pensa solo a proteggersi».
Il presidente leghista del Veneto Luca Zaia nei giorni finiti al centro dell’inchiesta della Procura di Bergamo prese decisioni coraggiose, non previste nei documenti ufficiali. «L’ho fatto d’istinto, per testardaggine, rischiando — spiega —. Ma non esiste la decisione giusta. Tutti, in quei giorni, abbiamo fatto scelte più o meno azzeccate».
Lei insiste sulla contestualizzazione.
«Sì, perché non si possono giudicare decisioni e comportamenti con gli occhi di oggi. Tutto va cristallizzato in quel momento. Anche pensando a quel che è successo a me».
A cosa si riferisce?
«In quei primi giorni di diffusione della pandemia il mood corrente era quello di riaprire, di continuare a fare la vita di sempre perché si pensava di avere a che fare con qualcosa di simile ad un’influenza».
Un errore commesso da molti, a sinistra (Zingaretti) come a destra (Salvini).
«Per dieci giorni mi hanno lapidato per aver preso decisioni drastiche. Ma se quella fosse stata davvero un’influenza, oggi sarei io il pirla che finisce rinviato a giudizio, accusato anche di danno erariale».
Vogliamo ricordare quali provvedimenti prese?
«Il 21 febbraio decisi di chiudere l’ospedale di Schiavonia (500 pazienti), feci montare tende riscaldate all’esterno di tutti gli ospedali veneti per accogliere i positivi, istituii la zona rossa a Vo’ e feci sottoporre a tampone tutti gli abitanti di Vo’ (e trovammo 80 positivi, anche asintomatici). In più disposi la chiusura di cinema, teatri, chiese, scuole e sospesi il Carnevale di Venezia».
Misure drastiche che si sono rivelate lungimiranti.
«Con il senno di poi, certo. Ma aver fatto scelte diverse non può essere una colpa. Ripeto, se questo è il principio nessuno si assumerà più la responsabilità di affrontare le emergenze».
I magistrati sbagliano?
«Non rivendico immunità o impunità. In una fase emergenziale le decisioni sono emergenziali. E ricordo che rischiano di finire a processo alcuni dei migliori scienziati del nostro Paese. Dove andremo a finire? Così perdiamo riferimenti, vengono meno le certezze».
Ma i parenti delle vittime chiedono di conoscere la verità.
«Capisco il loro stato d’animo. Hanno diritto di sapere cosa è successo. Ma ogni ragionamento deve partire dalla contestualizzazione dei fatti al momento in cui avvennero. Faccio un esempio…».
Dica.
«All’ospedale di Padova si utilizzavano in media 950 camici al mese. In quelle settimane se ne consumarono 4.500 al giorno. Come si poteva prevedere? E prima di allora, quando mai i medici portavano le mascherine? Vogliamo fare il processo su questo?».
Saranno pur stati commessi degli errori.
«Guardi, non conosco le carte e non mi permetto di giudicare. Ma se non si valutano i fatti con gli elementi che si conoscevano al momento in cui sono avvenuti si rischia di commettere un grande errore. E può passare all’opinione pubblica un messaggio sbagliato».
Quale?
«Che questo Paese sia in mano a degli irresponsabili. Ma non è così. Anzi, in Italia sono state prese misure poi copiate da altri».
Alla fine, cosa è stato il Covid?
«Ha avuto comportamenti ancora oggi inspiegabili. A Venezia, pur durante il Carnevale, è entrato e uscito senza conseguenze. In altre realtà ha fatto danni enormi. E non sappiamo ancora perché».
Presidente, il progetto dell’Autonomia differenziata ha fatto un passo avanti, ma quattro Regioni (Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Puglia) si sono dissociate.
«Io penso che si debba lavorare per coinvolgere tutti, ma non può passare l’idea che il Sud è contrario, visto che il ddl di Calderoli è stato approvato da Calabria, Sicilia, Basilicata e Molise. Diciamo che si sono opposti i governatori di centrosinistra per una scelta politica, non di merito. Ma la maggioranza è schiacciante».
Il treno rallenterà?
«Non credo, anche se ribadisco che è importante fare in modo che tutti partecipino convintamente al processo».
A fine anno il via libera definitivo?
«Sì, o per scelta o per necessità, ma non c’è alternativa».
5 marzo 2023 (modifica il 5 marzo 2023 | 07:10)
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