Ho una certa età, anzi un’età avanzata -qualcuno mi dice (carino!) che a 87 anni si è vecchi (ed è vero)- e, in ogni caso, è ovvio che debbo darmi una regolata e magari scegliere tra la collaborazione a giornali e l’impegno di scrittura dei miei romanzi.
Tuttavia, anche stamattina, sfogliati i quotidiani -quei pochi che ancora compro (visto che quelli del gruppo Gedi mi sono diventati illeggibili per faziosità e strumentalizzazioni varie)-, non riesco a tacere e voglio trasmettervi ancora una volta le mie preoccupazioni, mie sì ma rivolte più agli altri che a me stesso (e per le ragioni più sopra espresse).
E l’argomento del giorno è la posizione internazionale di Elly Schlein e del suo Pd: la Nato e la guerra in Ucraina i punti caldi. E la preoccupazione, fondata soprattutto sulle uscite della candidata durante la campagna per l’elezione del segretario del Pd, è che, in coerenza con ciò che ha detto appunto nella campagna, Elly Schlein si pronunci alla prima occasione contro l’invio di armi italiane agli ucraini e, quindi, contro la difesa senza “ma” dell’Ucraina dall’aggressore russo.
Una prospettiva inquietante. Terribile. L’argomento è di quelli sostanziali. Forse è l’unico così sostanziale da determinare il futuro non tanto del Pd (a questo punto “chissenefrega”) ma dell’Italia intera.
Abbiamo apprezzato -e molto- Giorgia Meloni quando, nell’entrare da primo ministro a Palazzo Chigi ha infisso sul terreno due pilastri che sembravano solidi (e che non lo sono, solidi, e non per colpa sua): l’appartenenza all’Alleanza atlantica e all’Unione europea. E, con appartenenza all’Alleanza atlantica si intende anche una partecipazione attiva al sostegno alla repubblica ucraina aggredita dalla Russia fedifraga, in quanto già garante della sua indipendenza e dei suoi confini.
Certo, l’invio delle armi italiane non è il massimo e sconta la storica furbizia nazionale che fa sì che si inviino armi non risolutive, insomma la roba in genere un po’ obsoleta di cui dispongono le nostre forze armate, salvo l’Aeronautica (che ha alcune macchine di primissimo livello) e la Marina delle 3 portaerei paralizzate dalla mancanza di soldi per comprare il combustibile.
Ma ciò che conta nell’economia degli equilibri internazionali nel mondo multipolare, mirabilmente descritto da Angelo Panebianco sul Corriere del 2 marzo, è esserci ed essere schierati in coerenza con i nostri interessi di paese democratico, storicamente parte dell’Occidente e delle sue alleanze.
Se Elly Schlein (un altro dei regali avvelenati di Romano Prodi, l’uomo che si oppose alla partecipazione alla guerra alla Serbia in contrasto alla Nato e che fu rimosso dalla presidenza del consiglio per merito di Massimo D’Alema e di Francesco Cossiga) deciderà di imboccare una via diversa da quella del Pd e che era stata già imboccata da Enrico Berlinguer negli anni ’80 quando dichiarò di sentirsi più sicuro nella Nato che fuori di essa -cosa oggi più che mai vera- l’Italia subirà una caduta di prestigio e di ruolo internazionale, mai avuta dal settembre 1943, quando entrammo in guerra al fianco degli Alleati, schierando i resti del Regio Esercito nel Corpo di liberazione nazionale.
Mi direte: «Ma come? Il Pd conta circa il 20% come può un suo cambiamento di posizione e di schieramento danneggiare la Nazione?».
Vi rispondo. Prima di tutti -e lo sappiamo tutti- imboccata da Enrico Berlinguer negli anni ’80 quando dichiarò di sentirsi più sicuro nella Nato che fuori di essa -cosa oggi più che mai vera- l’Italia subirà una caduta di prestigio e di ruolo internazionale, mai avuta dal settembre 1943, quando entrammo in guerra al fianco degli Alleati, schierando i resti del Regio Esercito nel Corpo di liberazione nazionale.
Mi direte: «Ma come? Il Pd conta circa il 20% come può un suo cambiamento di posizione e di schieramento danneggiare la Nazione?»
Vi rispondo. Prima di tutti -e lo sappiamo tutti- 2 su 3 componenti della coalizione di governo sono compromessi gravemente con Vladimir Putin. Parliamo di Silvio Berlusconi e di Matteo Salvini.
Il primo si dice che sia stato a lungo in affari con il despota del Cremlino, con il quale vanta una grande amicizia, testimoniata dalle reciproche ospitate, debitamente rallegrate.
Il secondo è oggi (non ci crederete: oggi! Proprio oggi!) vicino a Russia Unita, il partito paranazista di Putin, cui il suo partito, la Lega, è legata da un accordo vigente di collaborazione politica, espressione che può comprendere tante cose anche non dichiarate.
Ora entrambi, Berlusconi e Salvini hanno un atteggiamento politico di distinguo proprio sul tema della guerra. Se Schlein assume una posizione antiatlantica, per i due si apre uno scenario ben diverso, nel quale potrebbero tentare di inchiodare Giorgia Meloni su una linea lontana da quella annunciata.
È vero che la premier li ha avvisati: in caso di scosse politiche alla maggioranza, non perderò un minuto nel chiedere nuove elezioni (ed è da sperare che Mattarella -spesso irresoluto- onori questa volta il suo mandato sciogliendo le camere, non ripetendo l’errore politico-istituzionale di non avere accordato le elezioni anticipate a Matteo Renzi dopo la sconfitta nel referendum del 2016. Un rifiuto nel quale è l’origine di tutti i guai successivi).
Ma è altrettanto vero che in una Nazione nella quale oltre il 50% degli elettori diserta le urne tutte le avventure sono possibili, come dimostra bene la follia di avere votato e di votare i seguaci di Beppe Grillo rendendoli protagonisti della scena politica italiana almeno dal 2018 al 2022, uno show down elettorale può riservare tragiche sorprese.
Certo, si tratterebbe di un nuovo e rinnovato 18 aprile, ma è anche possibile il contrario.
Per non parlare dei possibili effetti di un disimpegno atlantico del Pd sul Partito socialista e democratico europeo. A causa di una incredibile e inattesa leggerezza del corpo sociale del Pd, ampiamente integrato da non iscritti di simpatie grilline, Putin potrebbe leccarsi i baffi per una vittoria facilmente ottenuta a spese dell’Ucraina e dell’Occidente. Una gravissima mancanza di senso di responsabilità e anche, diciamolo, di difesa dei valori di libertà e democrazia su cui questa Repubblica è fondata.
E farebbe bene, molto bene, Stefano Bonaccini a non sbracciarsi in difesa di una unità a favore di Elly Schlein per occuparsi della difesa dei valori da lui stesso sostenuti in tutta una vita politica.
E penso anche al generone della sinistra ex democristiana che, insieme alla ditta di Pier Luigi Bersani (anch’essa in plateale contraddizione con una scelta di campo compiuta nel recente passato), ha patrocinato il rinnovamento schleiniano. Oggi si assumerebbe la responsabilità di contribuire alla giravolta internazionale del loro partito.
Il vecchio adagio dice che «se temete che accada qualcosa di brutto, esso inevitabilmente accadrà».
Occorre smentirlo.
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