TRASPORTI
di Leonard Berberi
Le compagnie aeree europee hanno in cassa oltre 4 miliardi di euro di voucher emessi durante la pandemia e non ancora utilizzati dai passeggeri colpiti dalle cancellazioni dei voli. La maggior parte di quei buoni scadrà quest’anno e i vettori confidano sulla «dimenticanza» dei viaggiatori per poter trattenere almeno un quarto di quel valore e, allo stesso tempo, rivendere i sedili che non saranno occupati ottenendo così un doppio ricavo. È quanto emerge dall’analisi che il Corriere ha effettuato incrociando le informazioni confidenziali di diversi dirigenti delle aviolinee e i bilanci depositati presso gli organismi di controllo.
L’emergenza nel 2020
Allo scoppio dell’emergenza sanitaria i Paesi Ue hanno introdotto diverse misure di contenimento, a partire dalle restrizioni ai viaggi che ha portato alla chiusura delle frontiere e allo stop dei collegamenti aerei. Milioni di persone che avevano prenotato i propri viaggi nelle settimane successive si sono così ritrovate con biglietti non più utilizzabili. A quel punto hanno potuto scegliere tra voucher e rimborso per i viaggi cancellati. Sui voucher Bruxelles ha stabilito non solo che devono avere una validità minima di un anno, ma anche che devono essere rimborsati entro dodici mesi se non vengono utilizzati. La restituzione non è avvenuta, in cambio diversi vettori hanno prorogato la scadenza di un altro anno.
La scarsa trasparenza
Alcune delle compagnie aeree contattate questi giorni non hanno voluto fornire dettagli sul tema. «È evidente che non c’è alcun interesse a ricordare che abbiamo ancora un debito nei confronti dei clienti — dice al Corriere il dirigente di una low cost —, un debito che risale ormai a tre anni fa». Nei bilanci non si trovano molte tracce. E quando ci sono serve una lente d’ingrandimento per leggerle. È il caso del documento finanziario di Iag di 102 pagine: in una nota c’è scritto che le compagnie del gruppo (British Airways, Iberia, Vueling, Aer Lingus e Level) al 31 dicembre 2022 avevano in cassa voucher emessi e non ancora utilizzati per un valore di 911 milioni di euro.
L’evoluzione
All’interno di questo dato ci sono anche i voucher emessi post Covid, ma sono una piccolissima parte. Il valore, segnala Iag, è calato rispetto al 2021, quando la cifra ammontava a 1,4 miliardi di euro. Ma se nel 2021 l’anno passato le restrizioni — al netto di una parte dell’Asia — sono di fatto venute meno e le persone hanno avuto diverse opzioni per utilizzare quei voucher. In dodici mesi quei buoni sono stati «riscattati» soltanto per il 35% del loro valore.
Il «tesoretto»
Il tasso di «utilizzo» dei voucher — spiegano gli addetti ai lavori — dipende anche dal tipo di compagnia aerea e dal network di collegamenti. I viaggiatori delle low cost o dei vettori «ibridi», per esempio, tendono a riscattarne in proporzione di più. Lo si vede dall’evoluzione di easyJet: se nel 2021 i buoni emessi per il Covid-19 avevano un valore di 238 milioni di euro, un anno dopo il dato era sceso a 125,5 milioni, quindi è stato consumato poco meno della metà. Nei prossimi mesi però inizierà a scadere la maggior parte dei voucher nelle mani dei clienti. Un tesoretto che, secondo i calcoli del Corriere, complessivamente ammonta ad almeno 4,1 miliardi di euro per le prime 20 compagnie aeree del continente ed escludendo quei vettori, come Turkish Airlines, che tecnicamente hanno hub fuori dall’area Ue.
Il tasso di «riscatto»
Nelle stime interne alle compagnie il 10-15% dei voucher fisiologicamente non viene riscattato. «Ma con il Covid abbiamo visto che la percentuale è salita anche al 30%», dice un altro dirigente di un vettore tradizionale, ricordando che i meno «attivi» sono in particolare quelli che vivono al di fuori dell’Europa. Se, allora, un quarto dei 4,1 miliardi di euro non dovesse venire riscattato i vettori del Vecchio Continente avrebbero oltre un miliardo che nei bilanci diventerebbero ricavi effettivi.
Sedili venduti due volte
Gli addetti ai lavori sottolineano che il vantaggio per le compagnie è duplice. Non solo non dovranno fornire il servizio — cioè il volo — ai clienti in possesso di un buono viaggio, ma potranno «rivendere» proprio quel sedile lasciato vuoto dal passeggero con il voucher a qualcun altro che ovviamente pagherà una tariffa peraltro più alta rispetto a chi ha effettuato l’acquisto nel 2019. «Su alcuni voli, in particolare intercontinentali, per noi si traduce in un ricavo maggiore anche del 5% senza fare proprio nulla», calcola un manager. Per un volo Italia-Usa, per esempio, sono circa 9 mila euro in più.
lberberi@corriere.it
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