di Giuseppe Alberto Falci
Il sì ad un solo partito. Il leader di Azione: davanti a noi praterie
Matteo Renzi ha aspettato 24 ore prima di dire la sua sul risultato di Elly Schlein. «Fa sempre così, il giorno del voto sparisce, poi riappare» ironizzano le sue truppe. E quando ricompare è sempre in versione colpo di scena. La notizia è che l’ex premier dà il via libera al partito unico con Carlo Calenda aprendo la porta a tutti i liberali, i riformisti e i popolari. Per arrivare preparati alle Europee del 2024. Obiettivo: una compagine che veleggi in doppia cifra. Insomma, qualcosa si muove al centro. E il regista, manco a dirlo, è proprio Renzi. Attenzione, guai a pensare che l’ex premier voglia provare a rifare la Dc. «La storia non si ripete» è il refrain.
Renzi scrive una e-news partendo da un dato politico: «Con la vittoria di Elly Schlein il Pd diventa un partito di sinistra-sinistra che compete direttamente con il M5S e assorbe i partitini di sinistra radicale». E ancora: «Non si tratta di un giudizio di merito. È un dato di fatto che la vittoria di Schlein cambia pelle al Pd». Tutto questo non significa sciogliere Italia viva. Significa porre le basi per un partito unico assieme a Calenda e a chi ci vorrà stare. «Nelle prossime settimane — assicura — andremo avanti con decisione insieme ad Azione sulla strada del partito unico. Calenda ha proposto di accelerare sui tempi e noi abbiamo detto che ci stiamo. Lavoreremo su simbolo, manifesto, nome, adesioni in un percorso democratico e affascinante».
Nessuno si sbilancia su come si chiamerà il nuovo soggetto. Forse «Italia in Azione» che sarebbe un modo per non scontentare renziani e calendiani. In serata, nel corso di un comitato politico allargato, dove Renzi è assente, Calenda illustra la road map per arrivare al partito unico entro l’autunno prossimo. Si partirà con la costituzione del manifesto politico. «È nostra responsabilità dare una risposta immediata ai milioni di italiani che non si riconoscono nel populismo di destra e di sinistra» è il messaggio di Calenda. «Credo che ci siano praterie», è il suo commento al termine del comitato, e «c’è stata condivisione all’unanimità sulla road map che ho sottoposto».
Dopodiché, la domanda delle domande è: chi sarà il leader? Calenda? O forse, come sussurra più di uno, per rispondere al Pd e al centrodestra «si deve immaginare un nome alternativo, e perché no, una donna…». Saranno settimane di passione per chi sogna il grande centro. L’invito viene rivolto ai riformisti del Pd, preoccupati dal nuovo corso di Schlein. «Non puntiamo all’esodo dei dirigenti nel 2023, ma all’esodo degli elettori nel 2024» è la tesi di Renzi.
C’è feeling con +Europa. E interesse nei confronti di tutti i cespugli che gravitano al centro. Giuseppe De Mita, ad esempio, è uno degli animatori del movimento «Pop-Popolari in rete», riuniti a Roma lo scorso sabato: «Se c’è un’iniziativa politica si può discutere. Se fosse solo tattica sarebbe una cosa che non ci incuriosisce. Finora abbiamo sentito solo annunci». Si mostra scettico l’eterno Dc Clemente Mastella: «L’Ulivo era una formula per la quale c’ero io e c’era anche Bertinotti. È vero, c’è uno spazio politico. Ma bisogna giocare senza improvvisazione». Mentre un altro democristiano, come Gianfranco Rotondi, sbuffa: «I cattolici hanno un solo campo di impegno, piaccia o no Giorgia (e piace)».
28 febbraio 2023 (modifica il 28 febbraio 2023 | 23:20)
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