finanza personale
di Pieremilio Gadda24 feb 2023
Per molti, il 2022 dei mercati è stato uno choc: è andato tutto male, con l’eccezione di dollaro e materie prime. Performance negative, a doppia cifra e simultanee, su quasi tutti i segmenti azionari e del reddito fisso hanno disorientato molti investitori, anche di lungo corso.

Ma l’inizio del 2023 ha ricordato una cosa che, in realtà, tutti sanno: «I mercati reagiscono velocemente. Dopo una caduta, la direzione può cambiare all’improvviso e consegnare risultati importanti. Restare fuori dal mercato, spesso si rivela un errore — dice Tommaso Tassi, country head Italia di Columbia Threadneedle Investments —. D’altra parte, con l’inflazione ancora alta, avere troppa liquidità non è la soluzione ottimale, perché il valore del cash viene costantemente eroso dalla perdita di potere d’acquisto». Bisogna fare i conti con la realtà odierna, che è molto diversa da quella di un anno fa. «Allora, nessuno voleva avere bond in portafoglio, perché i rendimenti erano troppo bassi o negativi». L’acronimo Tina, There is no alternative (non c’è alternativa – sott’inteso, alle azioni) ha dominato per molto tempo il dibattito tra gli operatori e le scelte d’investimento. Ma oggi un’alternativa c’è. Sono i bond, che dopo la violenta stretta monetaria, proseguita la settimana scorsa con ulteriori rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve e della Banca centrale europea, hanno ritrovato prospettive di ritorno interessanti. Il successo di emissioni con il bond Eni, che a gennaio ha registrato una domanda di 10 miliardi di euro da 300 mila investitori, cinque volte l’offerta, la dice lunga sul mutato orientamento dei risparmiatori.
Oggi, del resto, il Btp a 10 anni rende il 4% l’anno. Il segmento societario di buona qualità, a livello globale, dà un ritorno del 5% e oltre. Le obbligazioni high yield (ad alto rischio e rendimento) viaggiano attorno all’8% e il debito emergente poco meno. «L’unica certezza è che i rendimenti sono tornati: nella costruzione di portafoglio oggi non si può prescindere dai bond — dice Tassi —. L’area più interessante è il debito societario di buona qualità: nella parte di qualità inferiore, sotto l’investment grade, ci sarà un aumento dei default, alcune società avranno difficoltà a rimborsare il debito. La gestione attiva e la selezione degli emittenti farà la differenza».
Il rallentamento della crescita è un fatto certo. Quello che non si sa, è l’entità della frenata. Che potrebbe appesantire più del previsto la traiettoria degli utili societari. «Fin qui, però, va detto che le trimestrali Usa hanno consegnato dei risultati interessanti: nonostante il calo dei ricavi, i profitti restano in molti casi solidi, almeno per le società che dispongono di un buon pricing power (potere di determinazione dei prezzi, ndr) e che sono riuscite quindi a trasferire a valle l’aumento dei costi, mantenendosi profittevoli: questa è una delle caratteristiche che cerchiamo sistematicamente nella scelta dei titoli azionari su cui investire nei nostri portafogli, insieme ai bassi livelli di indebitamento e alla qualità del management. Nel 2023 ci aspettiamo un notevole aumento nella dispersione dei rendimenti. La capacità di scegliere i nomi giusti sarà determinante».
Qui, spiega Tassi, intervengono anche considerazione che vanno oltre il perimetro della finanza «pura» e abbracciano i fattori ambientali e sociali, senza dimenticare la governance. «Vale la pena ricordare che dietro molti scandali, anche recenti, c’è spesso proprio un problema di governance», argomenta Tassi. Più in generale, l’analisi di questi fattori «aiuta gli investitori professionali a comprendere più in profondità come sono gestite le società e come si posizionano nello scenario competitivo. Il nostro approccio all’investimento sostenibile si basa su tre pilastri: da una parte, l’integrazione dei fattori ambientali e sociali e di governance nella costruzione di tutti i portafogli. Dall’altra, il dialogo diretto con il management delle società in cui investiamo: nel 2021, per citare un dato, abbiamo condotto 1.800 iniziative di engagement (azionariato attivo, ndr) con oltre 1.000 società in 50 Paesi. Infine, siamo coinvolti in una serie di progetti internazionali come la Net zero asset managers initiative, un gruppo di gestori impegnati a contribuire all’obiettivo di zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. La sostenibilità è un percorso. E noi intendiamo fare la nostra parte».
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