Maggio 28, 2023

Urso: «Nella maggioranza c’è sostanziale unità, ma ci sono politici che cercano visibilità»

di Paola Di Caro

Il ministro dell’Impresa: il Superbonus 110%? Facciamo ciò che Draghi non potè fare

Adolfo Urso, ministro dell’Impresa e del Made in Italy, nella maggioranza c’è tensione: sulle modifiche al superbonus FI alza la voce. Che ne pensa?
«Oggi abbiamo a Palazzo Chigi il tavolo di confronto con le rappresentanze delle associazioni imprenditoriali, nessuna esclusa, come è nello stile di questo governo. Anche per capire come migliorare il testo, per ridurre l’impatto sulle imprese del settore. Peraltro, riunioni di maggioranza si svolgono spesso in Parlamento, saranno utili anche in questo caso, così come per il decreto trasparenza sui benzinai poi approvato in Commissione con il pieno consenso della maggioranza».

Quali possono essere le modifiche che salvano imprese e famiglie?
«Sarà oggetto del confronto con le imprese, in cui ascolteremo esigenze e proposte. E poi del confronto in Parlamento con tutte le forze politiche. Abbiamo eliminato un meccanismo perverso con 9 miliardi di truffe e un carico insostenibile per lo Stato ma sappiamo che va preservato un settore così significativo per la nostra economia».

Il blocco eventuale dell’edilizia può creare problemi alle altre imprese?
«Sinora i profeti di sventura sono stati clamorosamente smentiti. E lavoreremo perché lo siano anche in questo caso. Di recessione non si parla più. Gli indicatori sono tutti in positivo. Cresce in generale il clima di fiducia delle imprese, i titoli in borsa salgono, bene i dati sull’esportazione e sulla produzione industriale. Ci incoraggiano soprattutto gli investimenti in beni strumentali superiori ad ogni attesa».

Ma sui bonus?
«Era necessario sgonfiare la bolla prima che esplodesse. In generale, ritengo che l’assunzione di responsabilità del governo avrà riscontri positivi, rassicurando i mercati e incoraggiando gli investitori esteri. La cifra di questo governo è la credibilità».

I casi di scontro interno però cominciano ad essere tanti: dall’affaire Delmastro-Donzelli, alle dimissioni della sottosegretaria Montaruli, con botta e risposta tra FdI e FI: è un problema?
«Non vi è nessun problema nel governo e nemmeno in Parlamento. Nel Consiglio dei ministri vi è una piena, sostanziale unità, assoluta collaborazione. Ogni provvedimento è approvato all’unanimità. In Parlamento ci sono stati momenti di confronto, fisiologici, poi serenamente conclusi. Ricordavo prima quello più eclatante, sul decreto trasparenza sui carburanti. Abbiamo vinto le elezioni e nelle prossime ore sarà votato a Montecitorio».

La lite c’è stata però.
«I casi che lei cita riguardano pochi esponenti politici, peraltro sempre gli stessi alla ricerca di visibilità interna. Comprendiamo le dinamiche politiche che li muovono ma ciò non intralcia il percorso del governo. Il giudizio che conta è quello degli elettori».

Sull’Ucraina è stato clamoroso il caso Berlusconi, la sua uscita su Zelensky, censurata anche dal Ppe. Può indebolire il governo?
«Giorgia Meloni andrà da Zelensky e l’Italia continuerà a sostenere con determinazione la resistenza Ucraina. Abbiamo varato il sesto decreto armi e inviato i generatori per sostituire gli impianti distrutti. Stiamo preparando a Roma un grande evento per la ricostruzione. Non mi sembra che il dibattito nel Ppe abbia influito in alcun modo sulle nostre scelte che sono ferme, chiare e lineari. Quel che conta in democrazia sono i voti espressi in Parlamento e le conseguenti azioni del governo. Coerenza e responsabilità sono i binari su cui si muove la nostra politica estera, sempre più apprezzata».

Meloni dice che i problemi che affrontate sono eredità dell’azione dei governi passati. Dopo 4 mesi di governo, non può sembrare una «scusa»?
«Non mi sembra affatto. Abbiamo il dovere di fare “operazioni verità” laddove necessario non per accusare alcuno ma per apporre rimedi conseguenti e significativi. L’abbiamo fatto per l’ex Ilva così come per il caso Lukoil, lo stiamo facendo per la privatizzazione di Ita e per Tim. Noi sappiamo che dobbiamo risolvere questioni che si trascinano da decenni. E non ci facciamo distrarre da polemiche strumentali. Così anche con il Pnrr come con il superbonus: abbiamo il dovere di intervenire per realizzare in tempo le opere e per evitare che saltino i conti dello Stato. Ricordo quel che disse Draghi nel suo ultimo intervento in Parlamento, quando denunciò con veemenza, in toni inusuali per lui, il meccanismo perverso che minava alle fondamenta la sostenibilità della finanza pubblica. Draghi avrebbe voluto fermare la macchina foriera di truffe senza precedenti ma non poteva perché il partito di maggioranza relativa era i Cinque Stelle. Per questo decise di concludere il suo mandato in modo traumatico. E di consegnarci la guida del Paese con le elezioni anticipate. Noi abbiamo fatto quel che lui avrebbe voluto fare ma non era in condizione di fare».

19 febbraio 2023 (modifica il 19 febbraio 2023 | 21:02)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, , https://www.corriere.it/rss/politica.xml,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *