La recessione è un rischio concreto, reale. Questo l’aspetto più negativo che arriva dal Global economic outlook del World economic forum di Davos, che si è aperto oggi. Tuttavia, ci sono anche segnali positivi, i capoeconomisti vede l’inflazione arrivata al suo picco. Dopo un 2022 contrassegnato dalle fiammate dei prezzi, un po’ di sollievo potrebbe arrivare. Se la situazione a livello planetario sembra migliorare, per l’Europa il messaggio che arriva da Davos è di un diffuso pessimismo. Guerra in Ucraina, pressioni su energia e cibo, senza dimenticare l’emergenza climatica, stanno minando il morale degli europei più che altrove.

Non è ancora chiaro quale sarà il tenore della recessione. Secondo la banca centrale europea (Bce) sarà di lieve entità. La certezza è che un rallentamento ci sarà. E lo scenario è condiviso anche dai partecipanti al forum di Davos, per la prima volta dalla pandemia tornato nel suo solito mese, gennaio. Dalle nevi della cittadina dei Grigioni in cui sono attesi 52 capi di Stato e di governo e oltre 2.700 delegati da più di 130 Paesi, lo spettro della contrazione economica è più presente che mai. «Quasi due terzi dei principali economisti ritengono probabile una recessione globale nel 2023», spiega l’outlook dell’apertura. Non solo, il 18% dei capoeconomisti lo considera «estremamente probabile, più del doppio rispetto al precedente sondaggio condotto nel settembre 2022». Di contro, «un terzo degli intervistati ritiene improbabile una recessione globale quest’anno». Molto dipenderà dall’evoluzione del conflitto in Ucraina, ma anche dalla crisi globale del comparto energetico, senza scordare la penuria di materie prime utili per la transizione ecologica.
Nonostante il 2023 sia appena iniziato, spiega il rapporto, vi è «un forte consenso sul fatto che le prospettive di crescita nel 2023 siano fosche, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti». Tutti i principali economisti intervistati prevedono «una crescita debole o molto debole nel 2023 in Europa, mentre il 91% prevede una crescita debole o molto debole negli Stati Uniti». Ciò segna «un peggioramento negli ultimi mesi (al momento dell’ultima indagine i dati corrispondenti erano dell’86% per l’Europa e del 64% per gli Stati Uniti)».
Importante è il cambio di prospettiva dell’outlook del Wef odierno rispetto a quello dello scorso settembre, che aveva evidenziato come uno dei principali rischi per la stabilità globale era dato dall’inflazione e dal crescente costo della vita, capace – in potenza – di creare forti tensioni sociali. All’inizio del 2023, fa notare il rapporto, «queste preoccupazioni sono ancora evidenti e molte famiglie affrontano la duplice sfida di affrontare costi relativamente elevati per beni di base come il riscaldamento e il cibo, sentendo allo stesso tempo gli effetti della politica monetaria progettata per ridurre l’inflazione nel lungo periodo termine». Tuttavia, gli intervistati indicano che «la crisi del costo della vita potrebbe essere prossima al suo apice quando le politiche inizieranno a produrre pieno effetto e la maggioranza (68%) prevede che la crisi sarà meno grave entro la fine del 2023». Insomma, il picco dei prezzi potrebbe essere stato raggiunto. Si vedrà nella prossima tarda primavera, quando i Paesi europei dovranno riempire gli stoccaggi di gas naturale come nel 2022, ma senza poter contare sulle forniture russe.
E sempre in Europa c’è la situazione meno rosea sotto il profilo delle aspettative. Il 100% degli economisti vede un’espansione economica debole. E il 57% vede un’inflazione ancora elevata per tutto il nuovo anno. Le variabili sono tante, e il rischio di un peggioramento in corsa è elevato. Non a caso, fa notare lo studio, «in risposta ai venti contrari del 2023, la maggior parte dei principali economisti si aspetta che le multinazionali riducano i costi, con l’86% degli intervistati che afferma di aspettarsi che le aziende riducano le spese operative». E ancora: «Circa due terzi degli intervistati (68%) si aspettano che i prezzi vengano aumentati dalle imprese in modo che i costi di input possano essere trasferiti ai consumatori». Infine, c’è un dato che deve essere guardato con attenzione, specie in ottica futura. «Quasi tre quarti dei principali economisti (73%) hanno affermato di aspettarsi che le imprese rinviino gli investimenti nel 2023 per risparmiare denaro», sottolinea l’outlook del Wef. Elemento che potrebbe rallentare il processo di transizione e potrebbe amplificare, e allungare, il rallentamento dell’attività economica che ci si attende.
La fotografia dell’outlook impone una responsabilità precisa da parte dei governi, rimarca il Wef. «Con due terzi dei principali economisti che si aspettano una recessione mondiale nel 2023, l’economia globale si trova in una posizione precaria. L’attuale inflazione elevata, la bassa crescita, l’elevato debito e l’elevata frammentazione riducono gli incentivi per gli investimenti necessari per tornare alla crescita e aumentare gli standard di vita per i più vulnerabili del mondo», spiega Saadia Zahidi, amministratore delegato del World economic forum. «I leader devono guardare oltre le crisi odierne per investire nell’innovazione alimentare ed energetica, nell’istruzione e nello sviluppo delle competenze e nei mercati di domani ad alto potenziale che creino posti di lavoro. Non c’è tempo da perdere», spiega. Specie perché le nubi sopra Davos, e quindi sopra l’economia globale, Europa in particolare, non sono poche.
, 2023-01-16 10:13:00, L’allarme del Wef: “La recessione è probabile, ma l’inflazione potrebbe aver toccato il picco” La Stampa,