Questa volta, però, sembra caratterizzare non solo la vita di un partito ma l’intero quadro politico. E, fatto ancora più importante, fin qui il riproporsi di quella particolare condizione di stasi «meteorologica» sta sortendo effetti positivi
08 Gennaio 2023
Gaetano Quagliariello
Nel 1957, dopo aver lasciato il Partito comunista, Italo Calvino scrisse un racconto satirico dal titolo «La gran bonaccia delle Antille» per stigmatizzarne l’immobilismo. Di fronte alla necessità di prendere una posizione rispetto allo stalinismo, infatti, il Pci non riusciva ad andare né avanti né indietro, avvantaggiando così i suoi avversari.
Dopo oltre mezzo secolo una «gran bonaccia» è tornata a spirare sulla politica italiana. Questa volta, però, sembra caratterizzare non solo la vita di un partito ma l’intero quadro politico. E, fatto ancora più importante, fin qui il riproporsi di quella particolare condizione di stasi «meteorologica» sta sortendo effetti positivi.
Immaginiamoci cosa sarebbe potuto accadere, se il vento avesse soffiato forte, a fronte degli eventi degli ultimi mesi, con il passaggio da un governo d’unità nazionale guidato da un tecnico apprezzato in tutto il mondo ad un esecutivo capeggiato da una giovane leader che era stata all’opposizione di quel governo «non ordinario», per di più proveniente da un partito a lungo considerato estraneo all’arco costituzionale. Se non fosse arrivata «la gran bonaccia», sarebbe apparso scontato prevedere una recrudescenza dello scontro politico, con mobilitazioni delle piazze e tentativi di delegittimazione. Invece no: «la gran bonaccia» ha fatto il miracolo. Abbiamo assistito fin qui a una transizione dolce, con una prevalenza dei tratti di continuità sugli elementi di rottura confinati perlopiù al piano delle «sovrastrutture». Insomma, su quelli che sono i punti qualificanti di un programma di governo in questo particolare frangente storico – politica estera ed economia – il governo Meloni, diciamo la verità, ha fatto su per giù quello che possiamo immaginare avrebbe fatto il governo Draghi.
L’assenza totale di vento è però il prodotto di una eccezionale combinazione di fattori interni e internazionali che è lecito domandarsi per quanto ancora potrà durare. Io credo che nuove perturbazioni potranno essere scatenate da due eventi in programma nel primo trimestre del nuovo anno. Il primo è rappresentato dalle elezioni regionali del 12 e 13 febbraio nel Lazio e in Lombardia. Non è in discussione il risultato, perché lo «spacchettamento» delle forze di opposizione (uno degli ingredienti eccezionali dell’attuale bonaccia politica) garantirà alla maggioranza di centro-destra, in entrambe le realtà, una facile affermazione. È invece più difficile prevedere se e come queste elezioni modificheranno i rapporti di forza, soprattutto nel campo dei vincitori. Se infatti la tendenza alla fagocitazione di Lega e Forza Italia da parte del partito di Giorgia Meloni – manifestatasi nelle elezioni legislative di settembre e poi rafforzata dai sondaggi – dovesse confermarsi, ci si dovrà aspettare due possibili reazioni, fra loro alternative ma entrambe destinate a turbare lo status quo. Lega e Forza Italia, prima che sia troppo tardi, potrebbero aprire all’ipotesi del partito unico del centro-destra, oppure potrebbero ritenersi costrette ad alzare il livello della conflittualità interna alla maggioranza. Per il governo, in questo caso, la navigazione non sarebbe più tranquilla.
Anche il secondo evento potenzialmente «perturbante» appare scontato nei suoi esiti. In vista del congresso del Pd sono ancora in discussione i rapporti di forza tra i diversi candidati, ma non il fatto che Stefano Bonaccini sarà il prossimo segretario. Non è invece chiaro se la nuova guida del partito che da sempre è stato il pivot dello schieramento di centro-sinistra riuscirà a esercitare un’egemonia – intesa in senso gramsciano – con l’effetto di ricomporre le membra sparse dell’attuale opposizione. Se questo avverrà la partita politica si riaprirà, le elezioni per la guida di città e regioni non risulteranno più scontate in partenza e l’elettore potrà eventualmente considerare un’alternativa all’attuale maggioranza. Se invece congresso e nuovo segretario non saranno in grado di determinare questa prospettiva, assisteremo al protrarsi di un estenuante braccio di ferro tra Pd e 5 Stelle. E in questo caso anche il cosiddetto Terzo Polo centrista sarà costretto ad abbandonare la posizione di attesa fin qui intelligentemente assunta con la scelta di aprire al dialogo col governo e col suo Premier senza però manifestare la minima disponibilità a un eventuale coinvolgimento in maggioranza.
Prevengo infine una possibile obiezione: l’ipotesi, cioè, che a metter fine alla bonaccia e a rialzare il vento possano essere non i risultati elettorali e le manovre politiche, quanto eventuali scelte governative sbagliate in campo economico, della sicurezza, della politica estera e chi più ne ha più ne metta. Il rilievo non fa una piega. Il vento, però, quando inizia a soffiare deve trovare vele pronte ad accoglierlo e a correre più veloci. Sennò si fa la fine della flotta comunista descrittaci da Calvino di fronte ai «galeoni papisti», che nella metafora del racconto rappresentavano la Democrazia cristiana: ci si impantana. Così il sistema si blocca e questo, indipendentemente da come la si pensi e per chi si parteggi, per il Paese non è mai una buona cosa.
, 2023-01-08 13:11:00, La «grande bonaccia» è tornata a spirare sulla politica italiana La Gazzetta del Mezzogiorno,